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La vita della Vergine Maria – I genitori della vergine Santa

Natività-Triva1412267992[1]Parlare di Maria di Nazareth, della sua vita e della sua famiglia non è facile. Troppo pochi i dati e le notizie. I Vangeli canonici ci dicono solo l’essenziale sulla Vergine Madre, pochi tratti che ci fanno solo intravedere la sua grandezza e la sua bellezza. Qualche notizia in più la possiamo attingere da alcuni scritti risalenti ai primi secoli dell’era cristiana o da testi redatti nel primo millennio. Da tutto questo materiale conosciamo i nomi dei genitori di Maria e alcune bellissime indiscrezioni sulla loro vita e la loro pietà. Il Sinassario di Ter Israel, un testo della chiesa armena, ci da alcune notizie su come i genitori della Vergine avevano impostato la loro vita coniugale:

“Gioacchino e Anna erano giusti e puri da ogni macchia di peccato; trascorrevano la vita pienamente; avevano, quindi, davanti a Dio e agli uomini, una condotta innocente, immune da calunnia e piena di pietà. Erano zelanti nella preghiera, nel digiuno e nell’astinenza, devoti alla legge; formavano una famiglia assidua al Tempio, piena di carità, instancabile nel lavoro, e di conseguenza molto ricca di beni. Dividevano in tre parti il reddito annuale delle loro fatiche: destinavano la prima parte al Tempio di Dio, ai sacerdoti ministri del Tempio; la seconda parte essi la dividevano tra i poveri e gli indigenti; la terza parte serviva per loro, per la famiglia e gli ospiti. Avevano così regolato la loro vita in tutto, e avevano vissuto insieme ampiamente, dedicandosi alle buone opere per ben vent’anni”.

Mi ha sempre colpito l’essenzialità dei genitori di Maria; pur avendo molti beni si accontentavano di vivere con un terzo di quello che avevano: i due terzi li destinavano alle necessità del Tempio e ai bisogni dei poveri. Quello che rimaneva a loro disposizione era per l’ordinaria amministrazione della vita famigliare e per gli ospiti. Un esempio da seguire, l’icona di una vera e autentica famiglia cristiana. Tuttavia una grande ombra incombeva sulla loro relazione e la loro casa: la mancanza di un figlio, la maledizione, perché così veniva considerata nella società ebraica del loro tempo, del ventre sterile di Anna. Un grosso dispiacere, un peso che veniva portato con dignità seppur bagnato dalle lacrime.

La tradizione orientale pone sulle labbra di Gioacchino questa bellissima preghiera: «Signore, che hai dato speranza ad Abramo e dopo cento anni gli hai concesso un erede della promessa, non privare la mia vecchiaia di un frutto, ma benedicimi con la benedizione di Abramo; tutto infatti è facile per il tuo volere».

Tutto è facile per Dio quando incontra anime buone e disponibili: apriamogli volentieri la porta del nostro cuore, accogliamolo con tanta fede e semplicità.

don Luciano Vitton Mea

 

   

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