Da semplice lettore della Chiesa di Roma, in breve tempo venne ordinato sacerdote e poi nel 345, vescovo con sede a Vercelli. Nei suoi 26 anni di episcopato egli fu per la città piemontese quello che poco dopo sarebbe stato per Milano S. Ambrogio: un pastore zelante, dalle molteplici iniziative, generosamente interessato alla vita della Chiesa anche oltre i ristretti confini della sua diocesi. A Vercelli consacrò la prima cattedrale, adattando l’antico tempio pagano dedicato alla dea Vesta e introducendo un nuovo rituale liturgico. L’intuizione più originale, in campo pastorale, fu quella riguardante il clero diocesano, che raccolse in vita comune nei vari villaggi del suo territorio. Quell’esperimento, da lui introdotto per la prima volta in Occidente, sarebbe stato ripreso dodici secoli più tardi dai vari riformatori del clero. Nelle accese battaglie teologiche egli si schierò tra i difensori della fede di Nicea e del suo irriducibile paladino, S. Atanasio, che gli ariani, sostenuti dall’imperatore Costanzo, avevano più volte esiliato.
Anche per Eusebio ci fu l’esilio, dopo che al sinodo di Milano gli eretici ebbero il sopravvento. Il santo vescovo fu spedito in catene nella lontana Palestina, dove rimase per sei anni chiuso in una prigione di Scitòpoli. Liberato con l’avvento al potere di Giuliano l’Apostata, andò a far visita a S. Atanasio, col quale trascorse un breve periodo. Raggiunta la sua sede, collaborò con il vescovo Ilario di Poitiers per ricucire le lacerazioni operate nelle Chiese del Nord dall’eresia. Eusebio è ricordato nella storia della letteratura cristiana antica per la traduzione in latino dei Commentari ai Salmi dell’omonimo Eusebio di Cesarea.