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Commento al Vangelo del giorno: 04 Gennaio 2019 – Che cosa cercate

 

Il Vangelo del giorno

In quel tempo, Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

Medita

L’episodio narrato dall’evangelista Giovanni ci aiuta ad approfondire il clima del Natale di pace serena e di gioia profonda nel quale ci troviamo ancora immersi. Diceva il beato Giovanni Paolo II: «La festa del Natale è entrata nel costume come incontrastata ricorrenza di letizia e di bontà e come occasione e stimolo ad un pensiero gentile, ad un gesto di altruismo e di amore… Il significato è che, con la venuta di Cristo, l’intera storia umana ha trovato il suo sbocco, la sua spiegazione, la sua dignità. Dio ci si è fatto incontro in Cristo, perché noi potessimo avere acces­so a Lui. A ben guardare, la storia umana è un ininterrotto anelito verso la gioia, la bellezza, la giustizia, la pace. Sono realtà che soltanto in Dio possono trovarsi in pienez­za. Ebbene, il Natale ci reca l’annuncio che Dio ha deciso di superare le distanze, di valicare gli abissi ineffabili della sua trascendenza, di accostarsi a noi, fino a far sua la nostra vita, fino a farsi nostro fratello!» (Giovanni Paolo II, 23 dicembre 1981). Andrea e Giovanni, discepoli del Battista, non dimenticheranno mai l’incontro con il Rabbì della Galilea presso il fiume Giordano, indicato come «l’agnello di Dio». Nel vedere che lo seguivano, Gesù domandò loro: «Che cercate?». È una domanda profonda. Non dice: chi cercate, ma “che” cercate, cioè quali sono i vostri aneliti più profondi? Siete in cerca di che cosa? E una domanda che li pone “in gioco”, non li lascia indiffe­renti. E alla domanda essi rispondono con il desiderio di conoscerlo meglio, di stare con Lui. Quell’esperienza cam­bierà tutta la loro vita. Chi si affaccia un poco all’intimi­tà della conoscenza di Cristo non rimane indifferente. Lasciamo anche noi che il Dio che è disceso dal cielo e che giace inerme e povero in una mangiatoia faccia sorgere in noi la domanda: “Che cercate?”. La sua luce darà rispo­sta ai nostri aneliti più profondi.

 

Preghiera:

«Vi invito a perseverare nella lode al Signore, nel ringraziamento e nella gioia. Vi esorto anche a rimane­re in devota adorazione, accanto a Gesù Bambino, con il rispetto e lo stupore dei pastori. Andiamo a lui con fidu­cia; accogliamo con generoso abbandono i suoi provvi­denziali disegni…” (dall’Angelus di Giovanni Paolo II, del 26 dicembre 1990).

 

   

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