Non di Solo Pane n°699 – 01 Marzo 2015

Ecco l’introduzione che questa settimana trovate su Non di Solo Pane, il settimanale per la preghiera della famiglia.
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Dal deserto al monte, dalle tentazioni alla luce della Trasfigurazione. Nelle prime due Domeniche di Quaresima la liturgia racchiude tutto l’itinerario quaresimale, il cammino che il cristiano deve compiere se vuole risorgere a vita nuova. Se Domenica scorsa abbiamo meditato sull’umanità di Gesù, sulla fragilità che lo ha reso nostro fratello lungo le piste del deserto, oggi lo contempliamo nella sua divinità, nella gloria del Tabor, risplendente di luce, tra Mosè ed Elia. Deserto e Tabor: alfa e omega, principio e fine, la finitezza della natura umana e il suo compimento. Ma cosa ci insegnano questi due avvenimenti, cosa significa per noi, nella vita di ogni giorno, in famiglia, sul luogo di lavoro, con gli amici, al bar mentre beviamo un caffè o in parrocchia tra le molteplici iniziative pastorali essere condotti nel deserto o contemplare Gesù in candide vesti in compagnia di Pietro, Giacomo e Giovanni? Semplice: significa fare quaresima, morire a noi stessi, portare in ogni luogo un anelito di resurrezione. Nel deserto, nella tentazione moriamo a noi stessi, alle nostre cattiverie, alla bruttura del male e del peccato.
Le sabbie del deserto, e le tentazioni che ne derivano, ci mostrano, come uno specchio, le nostre vere inclinazioni, il nostro volto piagato dalla lebbra delle passioni e dell’egoismo. Solo allora si alza un lamento che squarcia la caligine torrida dell’ora sesta: «Il Signore disse: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele …..» Ed inizia il nostro esodo quaresimale dalla morte alla vita, dalla decadenza del male e del peccato alla bellezza dell’uomo nuovo, dell’uomo trasfigurato a immagine del suo Signore. Eh sì, dobbiamo ammetterlo e annunziarlo a tutti: il Vangelo di oggi è l’icona della bellezza, uno spaccato d’umanità nuova, la luce e la trasparenza della bontà che dissolve le tenebre e le brutture del male.
don Luciano Vitton Mea
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