Il Santo del giorno – 18 febbraio – San Francesco Regis Clet
San Francesco Regis Clet
Nato a Grenoble, Francia, nel 1748, è docente di teologia morale presso il seminario di Annecy (Alta Savoia). Ordinato nel 1773, a 25 anni, appartiene alla Congregazione della Missione, fondata a Parigi nel 1625 da san Vincenzo de’ Paoli. Francesco Régis diventa insegnante, e sui 40 anni i superiori lo chiamano a guidare il Seminario vincenziano di Parigi, dove vive la prima fase della Rivoluzione francese. Nel 1791, a 43 anni, chiede di andare missionario in Cina. Dopo cinque mesi arriva nella portoghese Macao, dove agli inizi del XVIII secolo i cattolici erano 300 mila, grazie ai primi imperatori manciù della dinastia Ching che hanno consentito le missioni. Ma quando arriva padre Francesco Régis si è diffusa la diffidenza verso l’Occidente, dal quale provengono i missionari. E tra il 1805 e il 1811 la diffidenza diventa persecuzione aperta che colpisce anche padre Francesco. Nel 1818 lo denuncia, per soldi, un cristiano rinnegato. È il giugno del 1819. Lui ha 71 anni, ma davanti al carcere e alla tortura non cede. Per questo verrà ucciso.
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Lo chiamano “biblioteca vivente” gli alunni del seminario di Annecy (Alta Savoia) ai quali insegna teologia morale. È stato ordinato nel 1773, a 25 anni, ma non è prete diocesano: dai 21 anni appartiene alla Congregazione della Missione, fondata a Parigi nel 1625 da san Vincenzo de’ Paoli. I suoi componenti (chiamati Lazzaristi o Vincenziani) sono sacerdoti che fanno vita comune e hanno il compito della predicazione missionaria nelle campagne, oltre che in ambienti “fuori dal mondo”, come le galere. A questo si aggiunge poi la missione all’estero: Europa, Africa e Cina. Francesco Régis si fa strada come insegnante, e sui 40 anni i superiori lo chiamano a guidare il Seminario vincenziano di Parigi, dove vive la prima fase della Rivoluzione francese. Nel 1791, a 43 anni, chiede di andare missionario in Cina.
Si imbarca nel porto brétone di Loriente dopo cinque mesi arriva nella portoghese Macao. Per i missionari, questo è luogo di acclimatazione prima di inoltrarsi nell’immenso impero cinese, nel quale agli inizi del XVIII secolo i cattolici erano calcolati in 300 mila, grazie ai primi imperatori manciù della dinastia Ching (succeduta nel 1644 ai cinesi Ming) che hanno consentito l’attività missionaria. Ma il clima è già peggiorato al tempo dell’imperatore Kiaking, quando arriva padre Francesco Régis. Cresce la diffidenza verso l’Occidente, dal quale provengono in massima parte i missionari. Inoltre, sono cessati da tempo gli arrivi di Gesuiti, perché nel 1773 papa Clemente XIV ha soppresso la loro Compagnia, arrendendosi alle pressioni di Governi europei, che se ne sono poi spartiti i beni.
In Cina la diffidenza e l’avversione anticattolica di molti ambienti sono state poi alimentate, disgraziatamente, anche da dissidi aspri tra i missionari di differenti Ordini, sui modi dell’evangelizzazione. Padre Francesco Régis è giunto dunque alla missione nel momento meno propizio. Lui, “biblioteca vivente”, uomo di studio, deve farsi uomo di opere, applicando e vivendo le esortazioni del fondatore suo Vincenzo: “Insieme alla preghiera, è indispensabile la fatica. Bisogna accettare con gioia la privazione, la malattia, la disgrazia”. E davvero le disgrazie non gli mancano. Tra il 1805 e il 1811 la diffidenza verso i missionari diventa persecuzione aperta, e per due volte egli riesce a salvarsi passando da un luogo all’altro, aiutato e nascosto dai cristiani cinesi.
A peggiorare il clima di xenofobia contribuisce poi il sempre più grave disagio sociale, per l’aumento della popolazione e per il concentrarsi della proprietà terriera in poche mani. Nel 1818 tutto questo porta a un’altra persecuzione, e stavolta padre Francesco Régis ne cade vittima. Lo denuncia, per soldi, un cristiano rinnegato, mentre lui si trova nella provincia di Hubei (capoluogo Wuhan). È il giugno del 1819. Lui ha 71 anni, ma i mesi di carcere e i processi con tortura non lo cambiano: continua tranquillo a dichiararsi prete e missionario cattolico, “accettando la disgrazia con gioia”. E anche con stupore dei giudici e degli aguzzini, quando lo mettono a morte strozzandolo su una sorta di croce: non può parlare, ma le sue “ultime parole” sono un sorriso silenzioso.
Dopo 38 anni il suo corpo sarà portato a Parigi, dove è sepolto nella cappella dei Preti della Missione. Giovanni Paolo II lo ha canonizzato nel 2000 con altri 119 testimoni della fede.