Antichi mestieri: lo stagnino (El parolot)

Parte oggi una nuova sezione di articoli dedicata alla scoperta di tutti quegli antichi mestieri che ormai si sono persi nel tempo. Un modo simpatico per rivivere pensieri ormai dimenticati e ricordare ai nostri figli cosa era il lavoro di una volta.

Conosci un atico mestiere e voui comunicarcelo? contattaci subito, saremo lieti di pubblicare l’antico mestiere suggerito da te!

antichi mestieriMolti anni fa il grido “el parolòt … el parolòt” risuonava inconfondibile tra le contrade e le vie dei nostri paesi. Subito le donne si precipitavano alla porta di casa e consegnavano nelle robuste mani dello “stagna pegnate” paioli, pentole e utensili in rame. Finita la raccolta del materiale da riparare el parolòt si sistemava ai margini del paese e incominciava il suo paziente lavoro. Si trattava di riparare buchi o di ristagnare con cura gli utensili usati in cucina dalle massaie o nelle stalle dai contadini. El parolòt portava tutto il materiale che le serviva per il suo lavoro su un carretto oppure in un sacco che si caricava sulle spalle. In poco tempo, nelle abili mani dello “stagna pegnate” , i vari utensili ritornano nuovi e splendidi ed erano pronti per essere riusati nei lavori domestici. Mio nonno faceva questo mestiere e dal suo piccolo borgo piemontese scendeva a piedi fino a Gavardo con il suo carretto tirato a mano. Si fermava nei vari paesi e nelle varie contrade dormendo nei fienili o nelle stalle. Il suo carretto è ancora custodito, con estrema cura, nel cortile di casa mia.

Le mani del parolòt mi richiamano altre mani altrettanto robuste ed abili: quelle di Dio. Spesso il male corrode le nostre anime e il peccato ricopre di fuliggine le nostre coscienze. Solo le abili mani di Dio che “fanno nuove tutte le cose” possono riparare i buchi che si sono formati nel nostro tessuto esistenziale.

E’ un Dio sempre in cammino, sempre alla ricerca di tutto ciò che viene considerato perduto. Come il parolòt si accampava all’inizio del paese, così Dio si siede ai margini della nostra esistenza, non entra con prepotenza nella nostra vita quotidiana. Aspetta solo che noi ci accorgiamo della sua presenza per poterci “prendere in mano” e rivestirci di nuova luce, renderci creature capaci di amare.

“El parolòt … el parolòt”. Come mi manca questa voce il cui eco si perde in tempi ormai lontani. La voce di Dio invece non viene mai meno e continua a riparare i guai che gli uomini combinano quando sono accecati dal loro egoismo.