Ciò che ci fa “alzar lo sguardo ai monti donde ci viene l’aiuto…”
Noi approviamo e lodiamo l’uomo modesto, perché, malgrado l’inclinazione fortissima di ogni uomo a stimarsi eccessivamente, è arrivato a fare un giudizio imparziale e vero di se stesso. […..].
La modestia è una delle più amabili doti dell’uomo superiore. Verissimo; anzi si osserva comunemente che la modestia cresce in proporzione della superiorità[…..]. Se la modestia è l’umiltà ridotta in pratica, non si può combinare con l’orgoglio, che è il contrario di questa; e non ci sarà alcun “giusto orgoglio”. L’uomo che si compiace di se stesso, che non riconosce in sé quella “legge delle membra che contrasta alla legge della mente” (Rm 7,23), l’uomo che osa promettere a se stesso, che, per la sua forza, sceglierà il bene nelle occasioni difficili, è miserabilmente ingannato e ingiusto; l’uomo che si antepone agli altri è temerario; è parte, e si fa giudice [….].
L’orgoglio non può dunque essere mai giusto; quindi non può mai essere, né un sostegno alla debolezza umana, né una consolazione nell’avversità.
Questi sono i frutti dell’umiltà: è essa che ci sostiene contro la nostra debolezza, facendola conoscere e ricordare ogni momento; è l’umiltà che ci porta a vegliare e a pregare Colui che comanda la virtù e che la dà; è essa che ci fa “alzar lo sguardo ai monti donde ci viene l’aiuto” (Sal 121,1). E nelle avversità le consolazioni sono proprie dell’animo umile, che si riconosce degno di soffrire, e prova senso di gioia che nasce dal consentire alla giustizia. Riandando ai suoi falli, le avversità gli sembrano come correzioni d’un Dio che perdonerà e non come colpi di una cieca potenza; e cresce in dignità e in purezza, perché, a ogni dolore sofferto come rassegnazione, sente cancellarsi alcune delle macchie che lo deformavano.
(A. Manzoni, Osservazioni sulla morale cattolica)