Commento al Vangelo del giorno – 01 Febbraio – Esci, spirito impuro, da quest’uomo!
Il Vangelo di oggi: Mc 5, 1-20
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Gerasèni. Sceso dalla barca, subito dai sepolcri gli venne incontro un uomo posseduto da uno spirito impuro. Costui aveva la sua dimora fra le tombe e nessuno riusciva a tenerlo legato, neanche con catene, perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva spezzato le catene e spaccato i ceppi, e nessuno riusciva più a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra le tombe e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre. Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi e, urlando a gran voce, disse: «Che vuoi da me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!». […] Gli diceva infatti: «Esci, spirito impuro, da quest’uomo!». E gli domandò: «Qual è il tuo nome?». «Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti». E lo scongiurava con insistenza perché non li cacciasse fuori dal paese. C’era là, sul monte, una numerosa mandria di porci al pascolo. E lo scongiurarono: «Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi». Glielo permise. E gli spiriti impuri, dopo essere usciti, entrarono nei porci e la mandria si precipitò giù dalla rupe nel mare; erano circa duemila e affogarono nel mare.
Commento al Vangelo di oggi:
Per l’uomo tormentato e fuori di sé non vi era più speranza. Era lasciato solo, tra i morti. Gesù ne ebbe pietà e lo liberò dai demoni. Il Signore è stato uno scudo di salvezza per quell’uomo, e lo è anche per noi se lo invochiamo dal profondo delle nostre difficoltà, quando ci sentiamo soli e senza speranza.
Potremmo vivere noi giorno e notte tra le tombe di un cimitero? Se anche lo facessimo ci troveremmo a disagio, saremmo aggressivi con noi stessi e con gli altri, perché non siamo fatti per vivere in luoghi di morte, di paura e di solitudine, ma in case e stanze dove si può entrare e uscire, spazzare via la polvere, stare sui balconi a stendere i panni ed innaffiare fiori, illuminare ed essere illuminati, ascoltare voci, sentire profumi, ritrovare affetti cari e rinnovati ogni giorno. Ecco che nel vangelo si parla di un indemoniato, così è etichettato da tutti in paese, costretto a gridare la sua disperazione a causa di una forza superiore lui, ma quando Gesù arriva a Gerasa tutto cambia. Non solo egli va incontro al “Figlio di Dio Altissimo” ma, dopo il suo intervento, riacquista le sembianze tipiche di ogni uomo, pacificando se stesso e gli altri. Che bella cosa la pace nel cuore! È già un anticipo di paradiso. È ritrovare la pienezza della vita stessa e farne una festa da annunciare, come sottolinea Paolo Squizzato: “Per la mia felicità, perché la festa possa rinnovarsi nella mia vita, perché l’amore possa tornare a scorrere nelle mie vene e fare di questa mia vita una festa, mi viene chiesto semplicemente di vivere e in pienezza. Di riempire di vita la mia esistenza attuale, che sia di pietra, fredda come un cadavere e vuota come un sepolcro, sbagliata come una cosa morta e infangata come straccio di strada; riempirla sino all’orlo, sino a farla tracimare. Non importa che questa mia vita sia grande come una botte o minuscola come un ditale. Ognuno ha la vita che ha (e non che si merita), l’importante è viverla, chicchessia e tanto meno a sterili quanto inutili sensi di colpa”.