Commento al Vangelo del giorno – 15 Dicembre – i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio

Il Vangelo di oggi: Mt 21, 28-32
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».
Commento al Vangelo di oggi:
Gesù conosce la condizione umana: siamo pieni di buoni desideri a parole, e inconcludenti nei fatti. «In me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo » (Rm 7,18). In noi è nascosta la scintilla dell’amore divino che è la coscienza (san Basilio) e non potremmo dire che una cosa sia buona se non fosse impressa in noi la nozione del bene (sant’Agostino). È però solo Gesù che ci dona «la buona volontà» del Padre e ci incammina «nella via della giustizia».
I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Parole dure che scuotono una certa religiosità, un modo alquanto convenzionale, statico e opaco di concepire il rapporto con Dio, la fede in tutta la sua vitalità. I pubblicani le prostitute. Gente poco affidabile, che non conosce morale, che vive nel fango, lontano dai templi convenzionali, dove il profumo dell’incenso cerca di narcotizzare un Dio che sfugge dai rigidi schemi del legalismo religioso di tutti i tempi. Ai bordi di un marciapiede, dove la fede sembra definitivamente spenta, dove rimangono gli stracci di una dignità irrimediabilmente perduta, prende forma, nel segreto di un cuore, nelle delusione di una vita intirizzita dal freddo, bagnata dalla poggia o bruciata dal sole, ciò che nessuna umana cattiveria può soffocare: la nostalgia. La nostalgia della casa paterna, del bene, del bello. L’odore del pane, il profumo di un giardino, dei mandorli in fiore. Del calore di un fuoco, del sorriso di un volto… Nostalgia arcaica e sempre nuova. Rumore di vento tra le fronde di un bosco, canto di un ruscello che corre tra i dirupi … Sussurri di parole vere, labbra fresche da baciare, bambini da abbracciare. Nidi da raccogliere e da posare con delicatezza
tra i rami dell’albero, tramonti da contemplare, cieli stellati in cui spaziare. Nostalgia di cose semplici e quotidiane ma che riempiono il cuore di gioia e gli occhi di lacrime. Nostalgia dei miei monti, di prati ricamati di fiori, dell’odore del fieno, di corse senza fine. Nostalgia di preghiera, di una Corona che scorre tra le dita mentre il fresco soffio del vento crepuscolare sussurra parole dolci e piene di amore. Dolce nostalgia dove si nasconde il mistero di Dio e quello dell’uomo. E dai marciapiedi delle mie miserie, del mio peccato e delle umane fragilità, riprendo il cammino verso la casa del padre, verso una piccola chiesa, verso il meglio che rimane impresso dentro di me. Ecco perché i pubblicani e le prostitute mi precedono: perché guidati dalla nostalgia piegano le loro ginocchia dicendo: “Abbi pietà di me che sono un povero peccatore”. E il miracolo delle divina misericordia è compiuto.