Commento al Vangelo del giorno: 23 Luglio 2018 – Gli amici di Dio

Il Vangelo di oggi: Gv 15,1-8
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
Contemplo:
Inesauribile sorgente
Nei lineamenti del volto sofferente del Cristo Crocifisso l ’ uomo peccatore legge la gravità della sua colpa. Ma nello stesso tempo sono tanti i segni della forza di vita che Cristo in Croce possiede e comunica. Quella acerbissima passione che è il prezzo del peccato degli uomini è, nel contempo, il prezzo della loro salvezza. La sofferenza del Signore Gesù è insieme l ’ a maro frutto del peccato e l ’ inesauribile sorgente della grazia che riconcilia. La Croce è l ’ a lbero della morte e insieme l ’ a lbero della vita. Ogni cristiano, e in un certo senso, ogni uomo, non può non leggere questo libro vivente e personale che è Cristo in Croce, se vuole conoscere e sperimentare la verità su Dio e sull ’ uomo; non può non usare questa bilancia, la Croce del Signore, se vuole dare l ’ esatto peso e valore alle sue scelte.
Commento al Vangelo del giorno:
Gesù, dicendo ai discepoli «Io sono la vite, voi i tralci», vuole che comprendano bene il tipo di legame che c’è tra lui e i suoi. Un tralcio vive e dà frutto unicamente se resta attaccato alla vite. Se venisse tagliato, si seccherebbe e morirebbe. Restare legati alla vite è pertanto essenziale per i tralci. E la linfa che la vite immette nel tralcio è indicata da Gesù con le parole: «Non vi chiamo più servi… vi ho chiamati amici, perché tutto quello che ho udito dal Padre mio ve l’ho fatto conoscere ». La sostanza del legame tra Gesù e i discepoli è l’amicizia. Già Abramo venne chiamato da Dio suo “amico” e non suo servo, perché Dio non gli tenne nascosto nulla. Anche Gesù non ha servi, ma solo amici. La parola “amico” non è un’espressione inusuale per il Maestro. È una parola impegnativa per la sua stessa vita: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13). Gesù si pone come amico verso tutti, anche verso Giuda che sta per tradirlo. La sua preferenza, tuttavia, è per i più deboli, per i poveri, per i peccatori e gli esclusi. Nessun uomo, nessuna donna per lui sono nemici; non c’è traccia di “cultura del nemico” nei Vangeli. Noi cristiani, radicati sulla terra, con i nostri tralci ben ancorati nella vite, abbiamo il compito di portare un dono importante. Ma come ogni realtà che deve essere feconda, il tralcio ha bisogno di cure, di attenzione, di “potatura”: tutto questo occorre perché esso porti più frutto. Nessuno può portare frutto davanti a Dio se non vive in Gesù, e Gesù in lui. Quando siamo radicati nella vite allora la nostra vita è gioia, letizia, armonia con noi stessi e con gli altri. Questo è il frutto che siamo chiamati a portare in abbondanza e a dare con generosità a chi ci sta vicino, a chi incontriamo ogni giorno.