Commento al Vangelo del giorno – 27 Maggio – Esteriormente impeccabili
Gesù entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betània. La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, ebbe fame. Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi. Rivolto all’albero, disse: «Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti!». E i suoi discepoli l’udirono. Giunsero a Gerusalemme. Entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e quelli che compravano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si trasportassero cose attraverso il tempio. E insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto: “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le nazioni”? Voi invece ne avete fatto un covo di ladri». Lo udirono i capi dei sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutta la folla era stupita del suo insegnamento. Quando venne la sera, uscirono fuori dalla città. La mattina seguente, passando, videro l’albero di fichi seccato fin dalle radici. Pietro si ricordò e gli disse: «Maestro, guarda: l’albero di fichi che hai maledetto è seccato». Rispose loro Gesù: «Abbiate fede in Dio! In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: “Lèvati e gèttati nel mare”, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà. Per questo vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe».
Esteriormente impeccabili
Meditazione di don Luciano Vitton Mea Parroco di Bovegno
Ritorna anche in questo brano del Vangelo l’immagine dell’albero. Si tratta di un fico ricco di foglie, verde e rigoglioso, ma privo di frutti. Un albero che non porta frutti è in realtà secco, arido, inutile. E’ immagine della vita cristiana priva di Carità, di misericordia, di benevolenza. Cristiani sempre lì, in piedi, assidui, esteriormente impeccabili: osservanze, pratiche, elemosina, messa festiva, comportamento esteriormente inappuntabile. Ma privi di linfa. Dal loro cuore nascono rancori, maldicenze, critiche, sentimenti cattivi. Sono duri, rigidi, inospitali. Da soli siamo condannati a questa aridità, a diventare come il fico: ricchi di foglie prima, secchi quando non siamo in grado di donare frutti a chi ne ha bisogno, poi. “L’uomo che non vuole incorrere in questa maledizione, si preoccupa di stabilire un contatto continuo con il «corso d’acqua». Preghiera, silenzio, sacramenti, contemplazione, liturgia, confronto costante con la Parola di Dio. Proprio per conservare la freschezza, la spontaneità, la giovinezza, la libertà, il gusto del rinnovamento. Per garantire l’ombra, ossia qualcosa di riposante, di confortante, un senso di pace, di fiducia per tutti coloro che l’avvicinano” (Alessandro Pronzato). Dio che sei cuore, entra ancora una volta nella mia solitudine, nel deserto di un’anima inospitabile, priva di vita, apparentemente abitata, ma in realtà popolata solo da ombre e da ricordi ancorati al passato. Vieni a riversare in me il dono di te stesso , che sei così diverso e ti facesti così simile a me, uomo di poca fede. Donami la freschezza della tua parola, la sostanza di un pane che diventa, per opera dello Spirito Santo, tuo Corpo. Vienimi vicino e prendimi per mano; guidami sul tuo sentiero, così ricco d’incontri, di volti, di fratelli con cui condividere un lembo di questa mia vita. Tu conosci, o eterno incontro, la mia prigionia: liberami dal mio egoismo, dalle tenebre del peccato, dalla solitudine della mia presunzione. O eterno incontro, abbracciami nel tuo amore, sussurrami il tuo perdono.