Dio visto dal basso
Qualche mese prima della sua morte Charles de Foucauld scriveva: «Credo che non ci sia stata nessun’altra parola del Vangelo che abbia talmente colpito e trasformato la mia vita, come questa: “Qualsiasi cosa avrete fatto ad uno di questi piccoli l’avrete fatta a me”. Se si pensa che queste parole sono uscite dalla bocca che ha detto “questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”, con quale forza dovrà cercare di amare Gesù nei piccoli, nei peccatori e nei poveri». Dio non giudicherà scorrendo l’elenco delle umane debolezze e fragilità, ma quello degli atti di bontà. Non indagherà le ombre, ma annoterà i semi di luce sparsi nel corso della vita. Tema del giudizio finale non sarà il peccato, ma il bene donato ai tanti Lazzaro della Terra che viaggiano ai limiti della sopravvivenza. Se ci si sofferma ad osservarli ci si sente naufragare. I poveri sono metafora di fallimento e di morte, ma sono pure maestri di fede che affidano all’Alto la sorte della propria vita. Matteo presenta sei opere, vaste quanto gli spazi del dolore umano. Prendersi cura dell’altro è così importante che Dio lega la vita eterna ad un pezzo di pane dato a chi vive nel bisogno. Il Vangelo si rivolge ad ogni uomo: cristiano, ebreo, musulmano, buddista perché alla fine dell’esistenza rimarrà soltanto la capacità di amare. Ogni altro è sempre l’Altro. Nel giudizio ultimo Dio porrà al centro i calpestati dalla vita. Egli non dimenticherà i diritti dei poveri. Il futuro non si attende, si genera. Il Cielo promesso sarà annodato al bene che si è cercato di donare.