I segni dell’amore
Tommaso voleva toccare con le mani, sentire, vedere, per poter credere: “se non vedo, non credo”. È nostro fratello Tommaso, non dobbiamo vergognarci di lui, temere questa parentela che ci lega a questo apostolo nell’incredulità.
Tommaso vive in noi perché tutti, in alcuni momenti della nostra vita, abbiamo dubitato, abbiamo fatto fatica a riconoscere la presenza del Risorto nella nostra vita e nelle cicatrici della storia umana così bisognosa di redenzione.
L’incredulità è l’ultima tentazione del demonio, si insinua non negli atei ma negli uomini di fede, in coloro che hanno costruito la loro casa sulla roccia salda della Parola di Gesù. Nella biografia del compianto Mons. Luigi Ferretti, per tanti anni arciprete della mia parrocchia natia di Gavardo, vi è una confidenza fatta ad un anziano maestro del paese che mi ha sempre colpito:
“Non sono gli anni che mi pesano e che mi spaventano, è il dopo… come sarà il dopo?
Nessuno è mai venuto a dirci come sarà!” (in Mons. Luigi Ferretti: l’arciprete della ricostruzione, Franco Frassine, 2000).
Il dubbio si insinua in ogni uomo, anche in coloro che hanno avuto una vita esemplare, buona e santa come quelle di mons. Luigi.
In ciascuno di noi si insinua l’ombra di Tommaso che vuole vedere, vuole toccare e che la grazia del Signore renderà credente.
Tommaso non solo vuole vedere il Risorto, sfiorare il suo corpo luminoso, ma vuole mettere il suo dito nelle piaghe della crocefissione, la sua mano nel costato trafitto dalla lancia; vuole vedere e toccare l’essenziale, cioè i segni dell’amore.
Grazie a Tommaso sappiamo che Gesù ha sconfitto la morte ma che porta con se per sempre i segni del riscatto, il prezzo che ha dovuto pagare per sconfiggere definitivamente l’antico avversario, ogni forma di cattiveria, l’oblio di ogni male.
“Guarda sul mio dorso la flagellazione subita per liberare le tue spalle dal peso dei tuoi peccati.
Guarda le mie mani inchiodate al legno per te, che un tempo avevi malamente allungato la tua mano all’albero. Morii sulla croce e la lancia penetrò nel mio costato, per te che ti addormentasti nel paradiso e facesti uscire, Eva dal tuo fianco.
Il mio costato sanò il dolore del tuo fianco. Il mio sonno ti libererà dal sonno dell’inferno. La mia lancia trattenne la lancia che si era rivolta contro di te”(Da un’antica «Omelia sul Sabato santo». Pg 43, 439. 451. 462-463).
Anche noi, come San Tommaso, contempliamo il Risorto, meditiamo quello che saremo, tocchiamo con gli occhi della fede i segni dell’amore.