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Il gallo e la clessidra

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Se dico “tempo”, subito il nostro cuore corre alla clessidra. Implacabile, spietata, che ritma il tempo che scorre nello scendere, anzi nel precipitare della sabbiolina. Silenziosa, muta, ma accusatrice. Perché ti resta quel tempo, che devi utilizzare al massimo. Oltre, non puoi andare. Senti che non puoi arrestare il tempo, specie quando vivi momenti intensi, che vorresti durassero senza interruzioni, senza scadenze. Ed in effetti, ogni antica immagine della morte reggeva sempre nelle mani questo segno di riflessione rapida. E allora, cosa preferisco? Alla clessidra, preferisco il gallo, perché anch’esso segna il tempo, ma con uno stile ben diverso. È posto da Dio come l’annunciatore. Che ti sveglia e ti risveglia. E ti fa consapevole che il cuore tuo deve restare vigilante ed attento. Perché quando giunge l’alba, quando il giorno si avvicina, quando il tempo della notte sta fuggendo, eccolo a dirti che nel tempo si è innestato l’eterno di Dio: il mistero della risurrezione, che è quel sole che sta spuntando, che tu sei chiamato ad attendere nella preghiera e nella gratitudine. Certo, il gallo ci ricorda anche un’altra dimensione pensosa del tempo. È Gesù stesso che lo indica, a quel suo discepolo, coraggioso a parole, ma fragile nel cuore: “Pietro, io ti dico: non canterà oggi il gallo prima che tu per tre volte avrai negato di conoscermi!” (cf. Lc 22,33-34). Così il gallo ci rende consapevoli che il nostro tempo si svuota quando viene a mancare l’amore vero nei passi della nostra storia.

   

il Podcast di don Luciano

 

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