Il Santo del giorno: 16 Dicembre – Beato Clemente Marchisio

La vicenda terrena del B. Clemente Marchisio è un segno evidente che grandi opere spesso nascono nelle circostanze più umili. Dal cuore di un semplice sacerdote piemontese dell’Ottocento, parroco di un piccolo paese collinare, sorse un’opera ancora oggi fiorente.
Clemente Marchisio nacque a Racconigi il 1° marzo 1833. Era il primo di cinque figli di un calzolaio. Di natura vivace, ricevette una prima istruzione nella propria città natale. Abitava nei pressi della chiesa dei Domenicani e lì quotidianamente si recava per servire la Messa. Fin da fanciullo acquisì una grande devozione verso la Madonna e il Rosario. Mentre era avviato ad intraprendere la professione del padre, un giorno manifestò quanto da tempo sentiva nel cuore: consacrarsi a Dio come sacerdote. I genitori, sebbene sorpresi, non si opposero anche se il primo problema da affrontare era la mancanza del denaro necessario allo studio. La Divina Provvidenza venne incontro al futuro beato: don Giovanni Battista Sacco lo aiutò, sostenendolo anche economicamente. Nel seminario di Bra si impose un regime di vita alquanto esigente, incentrato nella preghiera, nello studio e nel lavoro. Con dispensa pontificia, poiché non aveva raggiunto i ventiquattro anni, venne ordinato sacerdote il 20 settembre 1856 a Susa dalle mani di Monsignor Oddone. Il vescovo di Torino era in esilio a Lione.
Dopo l’ordinazione frequentò a Torino il Biennio di perfezionamento presso il Convitto di San Francesco. Era la santa scuola per sacerdoti retta da S. Giuseppe Cafasso, trasferita in seguito presso il Santuario della Consolata. Clemente si distinse tanto che fu prescelto dal “Santo della forca” come compagno nelle frequenti visite ai carcerati e ai condannati a morte. I due anni trascorsi a fianco del Cafasso trasformarono profondamente il suo animo. Disse: “ne uscii completamente diverso, pienamente conscio della dignità del sacerdote”. Nella capitale subalpina erano gli anni di Don Bosco, di S. Leonardo Murialdo, del B. Federico Albert, del B. Michele Rua, del B. Francesco Faa di Bruno, del B. Giovanni Maria Boccardo; vivo era il ricordo del Cottolengo.
Nel 1858 venne nominato viceparroco di Cambiano, ma la schiettezza nel denunciare determinate situazioni gli procurò l’allontanamento. Dopo un breve periodo a Vigone, la destinazione definitiva fu Rivalba Torinese, un piccolo centro collinare di neppure mille abitanti dove fece il suo ingresso il 18 novembre 1860 a soli ventisette anni: reggerà la parrocchia, spendendosi senza riserve, per quarantatre anni.
La chiesa di Rivalba non era in buone condizioni, tra le prime iniziative pensò di porre mano alla costruzione di un nuovo edificio. Raccolse il materiale necessario ma, non arrivando l’autorizzazione civile necessaria, si limitò alla sua ristrutturazione. Era la prima di una lunga serie di complicazioni che alcuni suoi parrocchiani gli procurarono. A quei tempi la povertà dei contadini di collina era peggiore di quelli della pianura. Una parte della popolazione gli era ostile e lui rispondeva alle volte in maniera impulsiva. Si arrivò alle denunce e alle minacce fisiche e con atti di disturbo eclatanti venivano persino interrotte le omelie. Don Clemente, scoraggiato in un primo momento, invece di cedere, accentuò il suo fervore di parroco. La predicazione più efficace la fece con l’esempio. Si alzava alle 5 e dopo due ore di preghiera celebrava la Santa Messa. La recita del Rosario apriva e chiudeva la sua giornata. La devozione principale era verso l’Eucaristia. Un giorno fece questa confidenza: “ Anch’io mi trovo a volte accasciato sotto il peso delle tribolazioni; ma ti assicuro che, dopo cinque minuti passati con fede viva dinanzi a Gesù Sacramentato, mi sento pienamente rinvigorito, a tal punto che tutto quello che prima mi pareva troppo duro e insopportabile mi diventa facile e leggero”.
Come dice S. Paolo la fede senza le opere è morta. Erano gli anni della crisi delle campagne, si emigrava in città alla ricerca di fortuna. Per venire incontro ai suoi parrocchiani Don Clemente diede vita a diverse iniziative. Il materiale edilizio inutilizzato per la mancata costruzione della nuova chiesa fu impiegato per edificare un asilo infantile e un laboratorio tessile per le giovani che così non erano costrette a recarsi a Torino alla ricerca di lavoro come domestiche (1871). Ristrutturò anche il millenario castello (oggi culla della sua fondazione).
Una svolta arrivò quando le suore Albertine, che avevano gestito il primo laboratorio, lasciarono il paese. Dietro consiglio dell’Arcivescovo di Torino Mons. Gastaldi, don Clemente lo affidò ad alcune tra le migliori ragazze che vi erano impegnate. Era il nucleo di una nuova famiglia religiosa: l’Istituto delle Figlie di S. Giuseppe (1877). Rosalia Sismonda, conosciuta due anni prima a Sciolze, sarà il suo braccio destro.
Il XIX secolo vide un fiorire straordinario di Istituti religiosi dediti a varie opere di carità cristiana: dall’assistenza ai poveri e ai malati, al ricovero e all’istruzione dei bambini e degli adolescenti. In particolare il Piemonte divenne terra di santi, nonostante, come nel resto d’Italia, non mancassero le persecuzioni contro la Chiesa, anche da parte dello Stato. Ai diversi istituti si aggiunse quello di Rivalba. Pochi anni dopo però don Clemente ebbe un’ispirazione originale. Le sue suore avrebbero lavorato per rendere maggiormente degno il culto del Sacrificio Eucaristico, dedicandosi alla preparazione delle ostie e del vino. Loro compito era inoltre confezionare i paramenti e quanto serviva ai sacerdoti per officiare. L’istituto venne dedicato a S. Giuseppe. Il piccolo paesello, di neppure mille abitanti, divenne il centro di un’opera che avrebbe varcato presto i confini regionali e quelli nazionali. Nel 1883 aprì una Casa a Roma e Papa Leone XIII esclamò gioioso: “Finalmente Nostro Signore, con questa Congregazione, ha pensato a se stesso”. Erano le “suore delle ostie”.
I suoi parrocchiani si resero conto che il loro pastore aveva qualità davvero non comuni. Le sue attenzioni per i poveri e i malati erano continue, le porte della canonica erano sempre aperte a tutti.
Ebbe una fede vivissima per la Vergine. Durante la giornata, ad ogni suono delle ore, raccomandava di affidarsi alla Madonna per la grazia della purezza. Andò a Lourdes nel 1875, prima della fondazione del suo istituto. Tutte le volte che era a Torino andava alla Consolata, per le grazie speciali visitava Oropa, quando si recava a Roma tappa obbligata era Loreto.
Nel 1894 raccolse i suoi pensieri e le sue meditazioni sull’Eucaristia, e sulla lotta contro di essa, nel libro “La SS. Eucaristia combattuta dal satanismo”. Di mano propria lo distribuì durante il secondo Congresso Eucaristico Nazionale di Torino che si tenne alla presenza di cinquanta vescovi e numerosissimi sacerdoti. Commentando l’Apocalisse, don Clemente illustrò il tentativo continuo del demonio di allontanare l’uomo dal momento sublime della sua unione in terra con Dio: la Comunione. Avvicinare l’uomo a Dio era il centro dei suoi pensieri. Per ottenere tale scopo era importante che l’Eucaristia fosse celebrata in modo ineccepibile. Il pane e il vino dovevano essere preparati con una selezione attenta della farina e dell’uva. Per questo motivo le Figlie di S. Giuseppe aprirono diversi laboratori in tutta Italia: il lavoro da fare era immenso.
L’attività del B. Clemente fu intensissima, pellegrinò anche in molte parrocchie per le missioni al popolo. Per diffondere la sua opera viaggiò per tutta l’Italia, raccogliendo ovunque attestati di stima da vescovi e cardinali. Fra questi anche il Patriarca di Venezia, il futuro Papa S. Pio X.
Raggiunta l’età di settanta anni era maturo per il Cielo. Celebrò la sua ultima messa il mattino del 14 dicembre 1903. Per tutta la sua esistenza aveva ripetuto “la Messa è la mia vita”. Si spense nella sua Rivalba il 16 dicembre, mormorando i nomi di Gesù, di Giuseppe e della Madonna. Aveva messo in pratica, fino all’ultimo, quanto spesso aveva ripetuto alle sue suore “Avanti, fede, umiltà, obbedienza e mai tristezza alcuna. Mai scoraggiamento”. Le sue “figlie”, sparse in tutta la penisola, erano oltre seicento. Il suo amico S. Pio X riconobbe ufficialmente l’Istituto nel 1907 e lo volle per la sacrestia di S. Pietro.
Oggi, oltre che alla preparazione delle ostie e del vino, le Figlie di S. Giuseppe si occupano di catechesi e di animazione liturgica, anche in terra di missione.
Beatificato da Papa Giovanni Paolo II con Federico Albert, un altro sacerdote torinese, il 30 settembre 1984, le sue spoglie sono venerate nella parrocchia di Rivalba.
DALL’OMELIA DEL BEATO CLEMENTE MARCHISIO AL SUO INGRESSO PARROCCHIALE A RIVALBA
(Archivio della Congregazione delle Figlie di san Giuseppe, Manoscritti del Beato)
O Signore, qual carico mi sento sulle mie deboli spalle!
Gesù Cristo è il Buon Pastore. lo non oserei dire che sono il buon pastore, ma vi dico che con la grazia di Dio mi sforzerò di imitare Gesù Cristo, questo buon pastore. Sì, o miei carissimi parrocchiani, io desidero con tutto il cuore imitare Gesù Cristo, il pastore delle nostre anime, desidero di lavorare, di sacrificarmi alla vostra salute. lo sono fin d’ora il vostro pastore, voi siete le mie pecore, i miei figli. Eccoci qua, strettamente uniti io a voi, voi a me; faccia il Cielo che lo siamo ancor tutti nella beata Eternità. O mio Dio, questa è la grande grazia che io vi domando: di potermi salvare in questa parrocchia e di salvare con me tutti i miei parrocchiani. O mio Gesù, mio Salvatore, che io vegga poi tutti i miei parrocchiani alla vostra diritta nel di del giudizio. lo sono venuto qua per salvarmi; ma, Gesù, io non sarò contento se vi perisce una sola delle mie anime. [ … ]
No, non è a me, ma al mio ministero che voi dovete onore e rispetto. E che son io? Un uomo come voi, anzi meno di voi perché giovane d’anni e forse ancor più di virtù; non mi merito che il disprezzo. Ma nonostante la mia indegnità, ho l’onore di essere sacerdote e vostro pastore, ed è a queste qualità che un buon cristiano dà rispetto ed onore. Ho in mano dei poteri che né gli angeli del cielo, né i re della terra ebbero giammai. lo posso riconciliarvi con Dio, aprirvi le porte del cielo e condurvi in Paradiso, consacrare l’Eucaristia e far venire in mezzo a noi Gesù Cristo Salvatore. E chi negherà amore, onore e rispetto a queste divine potestà? [ … ]
Ah! miei fratelli, ah! miei figli e figlie, quanto è terribile il mio carico! Abbiate compassione di me, aiutatemi con le vostre preghiere, obbedite ai miei avvisi, e non stupite se io sarò attento alla vostra condotta, se vi avvertirò, se vi riprenderò, se griderò contro i disordini, se ne vedrò. Disgraziato me, se tacessi in simili circostanze! Un pastore può egli tacere quando vede il lupo tra le sue pecore? Io monterò in pulpito e griderò, griderò ora contro i bestemmiatori, ora contro l’accidia, altre volte contro l’impudicizia, contro gli scandalosi, contro la profanazione delle chiese e delle feste, e non mi tacerò finché il lupo, cioè quel vizio, sia fuggito di mezzo alle mie pecore; e quando il disordine sarà finito, allora raddoppierò la mia vigilanza, le mie cure, le mie istruzioni, le mie preghiere per tenervi all’erta e impedire che quel disordine più non ritorni. O Signore, qual carico mi sento in sulle mie deboli spalle! Voi rischiaratemi la mente, voi fortificatemi, voi sostenetemi, giacché io porto questo peso del pastorale ministero per amore di voi, o mio Dio, per la vostra volontà, per la vostra gloria, per la salute delle anime che mi ascoltano; voi date alla mia voce forza da penetrare i cuori e una virtù potentissima per abbattere e sradicare il vizio.
PREGHIERA
O Dio, che nel grande mistero dell’Eucaristia
ci hai lasciato il memoriale
della morte e risurrezione del tuo Figlio,
per intercessione del beato Clemente Marchisio, sacerdote,
infondi in noi il fervore eucaristico
e lo zelo infaticabile di carità
che animarono il suo insegnamento e le sue opere.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli. Amen.
oppure:
Santissima Trinità, Padre, Figlio, Spirito Santo, unico Dio,
ti lodiamo e ti ringraziamo per i doni
e le grazie concesse al B. Clemente Marchisio
e per avergli ispirato di fondare una Famiglia Religiosa,
dedicata all’onore e al decoro del SS. Sacramento dell’Eucaristia.
Ti supplichiamo di rivelarci la potenza del tuo amore
e della tua misericordia, concedendoci per sua intercessione
la grazia che tanto imploriamo.
Amen.