Che cosa ci blocca davvero in questo cammino di fede? Che cosa impedisce ai nostri slanci di tradursi in veri cambiamenti che durano nel tempo? Come cercare di sperare il meno possibile l’atto con cui crediamo e il contenuto a cui diamo la nostra fiducia? Se prendiamo a prestito il pensiero greco possiamo fare riferimento al cosiddetto tallone di Achille. Ognuno di noi ha il suo. Ognuno di noi fa cose buone e virtuose, talora senza accorgersene. Per grazia di Dio ci viene “facile”. C’è però almeno un aspetto della nostra vita in cui non riusciamo a venire a capo. C’è una aspetto della nostra personalità in cui affondiamo facilmente e magari ripetutamente. Per alcuni è la mancanza di stima, per altri può essere il rapporto con il corpo, per alcuni può essere la paura del futuro, per altri l’ossessione del denaro, del potere, dell’eros… Ognuno ha il suo tallone d’Achille. Si può dire anche che ognuno ha potenzialmente il suo difetto tragico. Nelle tragedie di William Shakespeare basta un solo difetto a distruggere un uomo. Ognuno di noi ha il suo punto fragile, come in un cristallo. Possono esserci tante virtù, tante qualità, ma rischiano di saltare tutte quando viene colpito il punto drammatico della nostra umanità. Nella vita saremo e siamo tentati proprio lì, non tanto dove siamo forti. Siamo tentati lì dove siamo più fragili. Allora diventare radicati e fondati in Cristo e saldi nella fede vuol dire anche conoscere meglio chi sono io, comprese le mie fragilità più radicali. Non per flagellarmi, non per dire che non sono all’altezza. Il punto è dare un nome alle mie fragilità facendomi aiutare anche dagli altri, che magari le vedono meglio di me. Non prendendole come una sconfitta, ma come un’occasione per un rilancio nella nostra fiducia in Gesù, unico salvatore dell’uomo. […]
(Luca Violoni)