Il Vangelo del giorno – venerdì 29 settembre

Gv 1, 47-51
In quel tempo, Gesù, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?».
Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi».
Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!».
Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».
Parola del Signore
Contemplo
La vita parla se c’è un cuore che ascolta. Parla perché rappresenta la mediazione normale della presenza di Dio nella storia personale di ciascuno di noi, storia piccola e senza pretese, ma che in modo originale e irripetibile racconta Dio, come il Creatore che ogni giorno plasma in noi il cuore del Figlio suo, servendosi degli eventi quotidiani.
La nostra vita è gratia piena, proprio perché ricca delle attenzioni del Padre che desidera — e chissà quanto — ritrovare in ognuno il volto del Figlio.
Per questo non esiste un solo istante della giornata privo di questa grazia. Ma per riconoscerla occorre avere un cuore attento e ob-audiens, un cuore non solo docile, ma docibilis, libero di scorgere tale grazia e di lasciarsene formare, anche nelle situazioni che sembrano avverse. Perché nulla può opporsi al desiderio del Padre.
Commento al Vangelo di oggi
Il verbo vedere ricorre con insistenza nel brano di oggi e si intreccia con trovare, incontrare, venire, credere.
Il passaggio di Gesù desta stupore e interesse, intercetta speranze e mette in movimento un cammino di sequela. Inizia qui un passaparola che assumerà la forma specifica della testimonianza, fondata anzitutto sull’aver visto Gesù e le sue opere. Chi segue il maestro viene coinvolto con tutta la sua vita in un cammino di conoscenza che chiede fiducia e libertà da preconcetti. Il primo pregiudizio sorge come pretesa di sapere già dove e come dovrebbe manifestarsi Dio.
Ognuno di noi deve dunque superare la tentazione di escludere tempi, persone e luoghi come inadatti al rivelarsi di Dio. Occorre piuttosto saperlo vedere tra le opacità e le pieghe dell’esistenza.