La montagna delle sette balze

Thomas Merton (1915-1968), convertito al cattolicesimo e diventato trappista in un’abbazia americana nel Kentucky, in una pagina del suo celebre libro autobiografico La montagna delle sette balze, descrive la scena dei monaci che tornano dal lavoro recitando il rosario:
«Com’è dolce trovarsi nei campi alla fine dei lunghi pomeriggi d’estate! Il sole non picchia più implacabile e i boschi incominciano ad allungare ombre azzurre sui campi di stoppie dove si drizzano covoni color dell’oro. Il cielo è fresco e si vede la mezzaluna pallida sorridere in distanza sopra il monastero. Forse dai boschi, con la brezza, scende su di voi un puro aroma di pini, e si confonde con il sentore caldo dei campi e della messe.
«E quando il maestro in seconda batte le mani per dare il segnale della fine del lavoro, e si lasciano ricadere le braccia e ci si toglie il cappello per asciugare il sudore che scende sugli occhi, si sente in quella pace che tutta la valle palpita del canto dei grilli, un tremolio costante e universale che si leva a Dio dai campi, che sale nel cielo compito come l’incenso della preghiera serale: laus perennis!
«E si toglie di tasca il rosario, si prende posto nella lunga fila e ci si avvia serpeggiando verso casa, mentre gli scarponi risuonano sull’asfalto e una pace profonda scende nel cuore. Sulle labbra continua a formarsi, silenziosamente, continuamente, il nome della Regina del Cielo, di colei che è Regina anche di questa valle: “Ave Maria, piena di grazie, il Signore è Teco…” E il Nome del Figlio suo, per il Quale in primo luogo tutto questo fu fatto, per il Quale tutto questo fu ideato e destinato, per il Quale tutta la Creazione fu modellata perché fosse il Suo Regno. “Benedetto il frutto del seno Tuo: Gesù”.
«”Piena di grazia!” Questo pensiero, che si torna sempre a ripetere, colma il cuore di grazia sempre maggiore, e chi può dire quanta grazia si diffonde nel mondo da questa valle, da questi rosari, nelle sere in cui i monaci tornano a casa dal lavoro!»