Tesi la mano a restituire la canapa e incrociai gli occhi della prima spigolatrice, sereni, pacati, nobili, pregni di gratitudine per una gentilezza recondita alle sue abitudini, mi strinse nella mano un pugno di frumento. Capii il perché di tanta dignità, era gente che aveva la ricchezza nel cuore, me ne andai perso per la campagna con il sole nell’animo. (LE SPIGOLATRICI di Jean Francois MILLET, del 1857)
Molti anni fa, quando la povertà dettava la sua dura legge, era facile vedere, dopo la mietitura, le spigolatrici curve, nella brezza serale, a raccogliere i rimasugli del raccolto; erano spighe rimaste ai margini del campo o sfuggite alle falci dei mietitori e che diventavano una vera e autentica manna per coloro che non possedevano un campo. Questo rito si ripeteva anche dopo la vendemmia o la bacchiatura delle olive. Nulla andava perso di quello che rimaneva sui terreni coltivati, sulle viti o sugli alberi da frutto. Con la spigolatura le famiglie più povere riuscivano a procurarsi qualche sacco di farina, qualche chilo di olio o pochi litri di vino. Spesso le spigolatrici arrivavano nelle vaste pianure dai piccoli paesini di montagna e si procuravano così la farina necessaria per fare un poco di polenta durante le fredde giornate invernali. La spigolatura mi ricorda la povertà degli uomini e la provvidenza di Dio. Nell’Antico Testamento troviamo delle norme precise riguardo alla spigolatura: «Quando mieterete la messe della vostra terra, non mieterete fino al margine del campo e non raccoglierai ciò che resta da spigolare del tuo raccolto; lo lascerai per il povero e per il forestiero. Io sono il Signore, il vostro Dio» (Levitico, 23, 22). Anche Gesù, nella sua povertà, raccoglie, con i suoi discepoli, le spighe del campo per potersi sfamare. Il lavoro delle spigolatrici era duro, umile ma dignitoso; dettato solo dalla necessità, che andava oltre i granai colmi di messi, si spegneva nell’innocente sorriso dei bimbi che potevano godere di una fumante polenta o di alcune gocce di olio. Ora le spigolatrici vivono solo nel ricordo di alcuni anziani ma rimarranno sempre il segno della nostra povertà e dell’infinita bontà di Dio che mai si dimentica delle sue creature.
don luciano vitton mea