Le tre bestie spirituali: la lonza
L’inizio della Quaresima, come ogni cammino impegnativo e importante, è caratterizzato dai buoni propositi, da un desiderio sincero di cambiamento, dall’aspettativa concreta che nasca un nuovo germoglio dai nodosi ceppi radicati, come in un bosco, nel nostro cuore. Ma è proprio quando imbocchiamo il sentiero della “retta via” che incontriamo il lato più oscuro di noi, il “peggio” che esce, come animale feroce, per sbarrarci la strada, per divorare, come il dragone del Libro dell’Apocalisse, il nuovo che sta per nascere. Questa dinamica viene descritta con maestria da Dante nel primo canto del suo capolavoro: «Ed ecco, quasi all’inizio della salita, mi sbarrò il cammino un grosso e feroce felino, una belva dal pelo maculato, simile a una lince: l’avevo sempre sentita chiamare lonza. Non si muoveva, mi impediva di procedere. Era la mia lussuria che mi spingeva a tornare indietro. Era piena primavera e il mattino era appena spuntato. Il Sole stava sorgendo […] La stagione e l’ora del giorno, perciò, mi dicevano di non disperare: ce l’avrei fatta a superare la lonza. Avevo fiducia, ma non abbastanza per non essere spaventato dalla vista improvvisa di un leone. Si muoveva verso di me a testa alta, tanto rabbioso per la fame che sembrava che tutta l’aria ne tremasse:la perfetta proiezione della mia superbia. Ma a riempirmi di sgomento e a farmi davvero perdere la speranza di raggiungere la vetta del colle e la salvezza, fu una lupa, magrissima, affamata, come se in lei fosse raccolta tutta l’avidità del mondo. Quella bestia insaziabile, venendomi incontro, mi sospingeva verso il buio della selva, dove taceva il Sole. Mi sentivo come un giocatore che, all’improvviso, avesse perso tutto». Lussuria, Superbia e avarizia: sono gli ostacoli che dovremo combattere nel nostro cammino spirituale verso la Resurrezione, verso la luce che brilla sul colle della Grazia di Dio. Come affrontarli? Procediamo con ordine. La Lonza, cioè la lussuria, rappresenta i naturali bisogni del nostro corpo che, assolutizzati, si ripiegano su se stessi, diventano venti impetuosi che “sottomettono la ragione alla passione della carne”. Evagrio Pontico la tratteggia così: «La lussuria è concepire un’idea di voracità, rammollimento del cuore, una fornace di calori, un’accompagnatrice di idoli, un’azione infeconda, una forma adombrata, una relazione immaginata, un letto di sogni, un rapporto senza sentimento, lusinga degli occhi, impudenza dello sguardo, disonore della preghiera,vergogna del cuore, guida dell’ignoranza». Partendo da quest’ampia e approfondita definizione possiamo ben dire che la lussuria è la prima tentazione che Gesù ha dovuto affrontare nel deserto : «Se tu sei il Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane (Mt 4,3)». La lussuria possiamo combatterla, farla indietreggiare, con il digiuno; attraverso l’astinenza infatti noi diventiamo padroni di noi stessi, impariamo a dominare i nostri impulsi, diamo pienezza a tutti i nostri atti d’amore. Il Padre del deserto Giovanni Nana ci ha tramandato questa bellissima similitudine per farci capire l’importanza del digiuno: «Quando un re vuole conquistare una città nemica, prima di tutto taglia l’acqua e i viveri; così i nemici, consumati dalla fame, gli si assoggettano. Avviene la stessa cosa per le passioni della carne: se l’uomo combatte col digiuno e con la fame, i nemici sono resi impotenti contro l’anima». Un’ultima precisazione: il digiuno non deve riguardare solo l’astinenza dal cibo, il rinunciare a un pasto o a una parte di esso. Deve essere soprattutto un digiuno dello sguardo evitando programmi o visioni che ci possono turbare; un’astinenza dai discorsi volgari, da quelle sottili malizie che possono renderci vulnerabili o sollecitare le nostre naturali fragilità.