Lo sguardo del povero
Mi ha scosso il fatto che il Padre, se davvero è nascosto nelle bellezze della creazione, nello splendore delle liturgie e nella saggezza dei teologi e dei sapienti, è anche nascosto nel corpo spezzato dei lebbrosi, dei malati, di quelli che soffrono. E nascosto dentro il bambino. «Chiunque accoglie uno di questi piccoli nel mio nome, è me che accoglie. E colui che mi accoglie, dice Gesù, accoglie colui che mi ha mandato» (cf. Lc 9,48). Chi è in grado di credere nel messaggio: l’Eterno, il Dio che tutto può, si trova nei piccoli, negli impotenti, negli oppressi e nei sofferenti di questo mondo, e vivere con loro è vivere con la Santa Trinità, Padre, Figlio e Spirito? Come Gesù è l’immagine del Padre, il bambino abbandonato, rifiutato è l’immagine di Gesù e, quando si stabilisce una relazione di fiducia con lui, si entra in confidenza con Dio. Ora, erano le nostre sofferenze che sopportava e i nostri dolori da cui era oppresso… ed è grazie alle sue piaghe che siamo guariti (cf. Is 53,4-5). Il povero è un profeta. Chiama al cambiamento, a un nuovo stile di vita. Chiama all’incontro e alla festa, alla condivisione, al perdono. Il ricco ha paura e si rinchiude nella sua ricchezza e nella sua solitudine, nella sua iperattività e nel suoi divertimenti. Il ricco rifiuta il povero, perché quest’ultimo lo chiama a un incontro di tenerezza, un «cuore a cuore». Il ricco non sa quanto sia in grado di rispondere a tale chiamata. Lui è capace, istruito, intelligente. Ha sviluppato le sue potenzialità e il suo ragionamento, ma non il suo cuore, che si è atrofizzato. Forse ha paura? Il «cuore a cuore» non è né sentimentalismo né emozione passeggera, né romanticismo, né esperienza di sessualità. È un incontro profondo, un impegno, una condivisione, un’idea vera dell’altro. È fatto di delicatezza, di forza, di fiducia nel prossimo e di aver riconosciuto i doni che porta. Per uscire dalla sua solitudine, dalla prigione in cui si è rinchiuso, il ricco ha bisogno del povero. Il pericolo che lo minaccia è quello di bastare a se stesso e di rinchiudersi nella sua sicurezza, nelle sue conoscenze e nel suo potere. Il povero viene per disturbarle. Se lui si lasciasse disturbare, allora il miracolo può avvenire. Il povero s’intrufola attraverso le barriere della sua prigione. Lo sguardo del povero penetra nel suo cuore per risvegliarlo alla vita. È l’incontro. Il ricco scopre il proprio cuore che comincia a vibrare e ad amare, scopre le sue paure, le sue barriere, la ricerca di conforto e di sicurezza. Se il ricco, toccato al cuore, si lascia trascinare dall’appello del povero, scopre a poco a poco un potere, un’energia nascosta più profonda delle sue conoscenze e delle sue capacità d’azione. Scopre il potere del suo cuore, fatto per l’incontro, per il servizio e per essere segno dell’amore di Dio. Scopre il potere della tenerezza, della bontà, della pazienza, del perdono della gioia e della celebrazione! Una sorgente fino allora murata, comincia a zampillare.
JEAN VANIER, Una porta di speranza, Milano 1998, pp. 59-61