Amore e desiderio
L’amore per Dio non lo si può insegnare. Non abbiamo imparato da altri, infatti, né a rallegrarci della luce né ad avere cara la vita, né altri ci hanno insegnato ad amare chi ci ha generato o allevato. Così dunque, anzi a maggior ragione, non è qualcosa di esterno che ci può insegnare il desiderio di Dio. Ma nella formazione stessa dell’essere vivente, intendo dire dell’uomo, viene immesso dentro di noi un qualche germe della Sapienza di Dio, che contiene in se stessa la predisposizione alla familiarità con il bene. Spetta alla scuola dei comandamenti di Dio, una volta accolto questo germe, coltivarlo con cura, nutrirlo con sapienza e portarlo a compimento mediante la grazia di Dio.(…) Poiché, dunque, abbiamo ricevuto il comandamento di amare Dio, abbiamo insita in noi, fin dal primo momento in cui siamo stati plasmati, la capacità di amare. E la prova di questo non viene dall’esterno; ciascuno può rendersene conto da sé e dentro di sé. Di ciò che è buono, infatti, proviamo naturalmente desiderio, anche se a uno sembra buona una cosa e all’altro un’altra, e ci sentiamo attratti da quello che ci è familiare e affine, senza che nessuno ce lo abbia insegnato, e dimostriamo spontaneamente ogni benevolenza a chi ci ha fatto del bene.
Basilio DI CESAREA, Regola diffusa 2,1, in Le regole, Bose 1993, pp. 78-81