Atti degli apostoli: Cap. 6,7 – I 7 diaconi… e Stefano
(qui i capitoli precedenti)
Il capitolo inizia con un problema molto importante per la Chiesa, per noi come comunità e va molto al di là del fatto contingente in sè.
Più che il modo in cui allora gli apostoli risolvono il problema, mi sembra fondamentale la motivazione che ci sta dietro. Ciò che li spinge a prendere quella decisione, vediamola insieme:
6, 1-6 I sette diaconi …I credenti di lingua greca si lamentavano.
L’abbiamo già ricordato; tutti gli ebrei erano di religione ebraica, ma non tutti coloro che professavano la religione ebraica erano ebrei. In Israele, allora, c’erano gli ebrei palestinesi, gli ebrei ellenisti e i proseliti.
— Gli ebrei ‘palestinesi’ erano gli ebrei nati in Palestina e parlavano aramaico.
— Gli ebrei ‘ellenisti’ erano ebrei nati nelle colonie ebraiche sparse nel bacino del Mediterraneo ed erano detti ellenisti perché normalmente parlavano greco.
— I ‘proseliti’ erano originati di altri popoli, convertiti alla fede ebraica.
Da secoli c’erano colonie ebraiche sparse in tutte le regioni del Mediterraneo, intorno a queste comunità era normale che si formassero dei gruppi interessati alla loro religione.
Gli ebrei non hanno mai fatto proselitismo, non conoscono il concetto di ‘missionario’ come lo intendiamo noi, non hanno mei inteso la loro missione come un andare a portare agli altri popoli il messaggio di Mosè e dei profeti perchè l’han sempre ritenuto un messaggio che Dio ha dato a loro per loro, a favore di tutti i popoli, se vogliamo, ma qualcosa che riguardava loro.
C’è perà sempre stato qualcuno che veniva attratto dal loro modo di vivere l’esperienza religiosa, normalmente persone serie, oneste, alla ricerca di Dio alle quali l’idolatria dominante nella loro cultura andava stretta. Infatti, nell’antichità, nel Medio Oriente, l’unica religione che riconosceva un solo Dio era la religione ebraica.
L’unica religione che sosteneva che Dio non è il bottegaio dal quale si deve andare solo quando occorre qualcosa, (con uno scambio commerciale: ‘Io ti do e tu mi dai’), ma che è un qualcuno che prova intessere in un rapporto di fiducia e amicizia con l’uomo… era l’Ebraismo, l’unica religione che legava l’atto di fede in Dio con l’esigenza di un impegno morale, era la religione ebraica.
È quindi normale che queste persone, che erano alla ricerca di qualcosa che desse senso alla vita, ne venissero attratte. Queste persone erano accolte dalle comunità ebraiche. Sul piano religioso erano considerate come ebrei, anche se con dei
problemi. Ma non facevano parte del popolo ebraico. Erano ebrei a livello di religione, non a livello – diremmo noi – etnico. Per questo erano chiamati proseliti.
Tutte queste persone che lingua parlavano? Non parlavano ebraico o aramaico ma generalmente parlavano il greco.
Un gruppo di loro si era fissato in Gerusalemme, avevano una loro sinagoga, dove si trovavano insieme a leggere la
Parola di Dio, a riflettere, a pregare, a discutere, a organizzarsi ecc. Nella comunità cristiana sorta a Gerusalemme erano presenti sia ebrei di lingua aramaica che ebrei di lingua greca, quindi ellenisti o proseliti originari di altri popoli, la convivenza di questi due gruppi non è mai stata facile. Ad un certo punto sorge una lamentela: I credenti di lingua greca si lamentano di quelli che parlano ebraico perchè dicono: “Le nostre vedove vengono trascurate nella distribuzione dei viveri’
Se i responsabili della comunità cristiana erano tutti di lingua ebraica, è molto facile che servissero prima un gruppo e poi l’altro. Servivano forse meglio quelli che conoscevano di più che non quelli che conoscevano di meno. Quelli che facevano parte del ceppo storico, ‘i gerosolimitani doc’, rispetto agli immigrati e questo crea un grosso problema. Mette in crisi la comunità cristiana.
Come viene affrontato il problema?
6,2-4 ‘I Dodici riunirono l’assemblea… e dissero: Non è giusto che noi trascuriamo la predicazione per servire alle mense… Scegliete…
Gli apostoli riuniscono l’assemblea, cioè tutta la comunità e non dicono: ‘Questo è un problema che riguarda i responsabili. Ci mettiamo d’accordo tra di noi e lo risolviamo”. No. Dicono: ‘Questo è un problema che riguarda la comunità. Perchè o tutti si sentono accettati all’interno della comunità, senza barriere e senza divisioni, o la comunità cristiana non è più comunità cristiana’.
Notate: Gli apostoli non dicono: ‘Non è giusto che noi veniamo disturbati per queste cose pratiche, spicciole’. Oppure:
Non è giusto che tra noi ci siano delle lamentele. Bisogna mandar giù…’. No. Perchè se una cosa è sbagliata, è sbagliata. Quindi bisogna correggerla.
Per non trascurare però la predicazione che è il compito principale in quanto apostoli, anno la proposta: Scegliete sette uomini con le seguenti caratteristiche:
Che siano ritenuti validi.
Che abbiano buon senso.
Che siano davvero dei credenti.
Con lo scopo di affidare loro questo incarico.
A primo acchito potrebbe sembrare una divisione di compiti di serie A e di serie B.
Compito di serie A: annunciare la Parola di Dio.
Compito di serie B: gestire gli affari interni della comunità.
Non è questo il problema. Non si tratta di cose più o meno importanti, è un problema, noi oggi diremmo, ‘di carisma’. Di ufficio. Di missione.
Se io devo andare in giro ad annunciare la Parola di Dio, non posso essere presente e interessarmi sul serio di altre realtà, che richiedono una presenza continua, costante, non ne ho tempo. O non faccio più il primo compito, e svolgo il secondo. O faccio quello, e non posso far questo.
6,5-6 ‘Questa proposta piacque… Scelsero sette uomini: Stefano…
Tra questi sette diaconi che la comunità cristiana propone, uno è Stefano.
Notate subito come Dio sconvolge i progetti dell’uomo: La comunità cristiana l’aveva ritenuto idoneo a svolgere il servizio delle mense mentre lo Spirito Santo lo spinge a svolgere un altro servizio. Lo fa diventare un testimone della Parola, un predicatore ed egli porta la sua testimonianza attiva, di parola, a un punto tale che provoca intorno a sè un movimento terribile di ostilità. Soprattutto da parte dei suoi ex amici.
Stefano è un ellenista e quindi viene da fuori. È di cultura greca, porta la sua opera di evangelizzazione tra i suoi ex amici,
i proseliti ebrei di lingua greca ed è da questi che viene accusato ingiustamente e condannato.
Nella storia di Stefano, che sarà il primo martire della storia della Chiesa, si ripete la storia di Cristo.
Luca lo descrive come ‘icona di Cristo”, colui che nella sua vita rivive la vita di Cristo, non perchè rifà pedissequamente gli stessi gesti, ma perchè ne fa proprio lo spirito.
7,1-53 Il discorso di Stefano
È il grande discorso di Stefano davanti al tribunale ebraico, presenta una sintesi della storia ebraica fino a Davide, vista come invito di Dio alla conversione e lo fa per dimostrare che gli ebrei, non riconoscendo in Gesù di Nazaret il Messia annunciato dai profeti, si dimostrano tali e quali alle generazioni precedenti che non han saputo capire l’azione di Dio nel loro momento storico.
Voi state ripetendo gli stessi sbagli che condannate nei vostri padri: (7,51 ‘Testardi. I vostri cuori sono insensibili, le vostre orecchie sorde. Vi opponete sempre allo Spirito… 7,53 ‘Avete ricevuto la Legge… ma non l’avete osservata’.)
Tutto questo mentre in apparenza fate di tutto per osservare la Legge, dice con rammarico Stefano…
Questo è il grande dramma di chi si pone, nei rapporti con Dio, non disposto a prenderlo per quello che è ma pretendendo di farlo entrare nei propri schemi.
Questo è il grande dramma, che è sempre davanti a ciascuno di noi.
Invece di dire: Dio è quello che è e mi dice quello che mi dice’, disposto a cambiare dentro di me quello che non è confor-
me…, pretendiamo che Dio si conformi a quella che è la mia convinzione, il mio interesse… Disposti quindi a tagliare quello che non va d’accordo coi nostri progetti, a cancellare quello che dispiace, a non dar peso a quello che scoccia… È per noi una tentazione continua.
7,60 ‘Signore, non tener conto del loro peccato’.
Stefano muore perdonando i suoi carnefici, come Gesù.
Gesù muore dicendo: Tutto è compiuto”. Stefano muore dicendo: ‘Signore Gesù, accogli il mio spirito’. Un atto di fiducia totale.
Saulo, l’uomo che cambiò la storia
La morte di Stefano segna l’ingresso, nell’orizzonte della comunità cristiana, di un uomo che cambierà il corso della storia della Chiesa: Saulo.
7,58 ‘l testimoni deposero i loro mantelli presso un giovane, un certo Saulo, perchè li custodisse’.
AI suo apparire Saulo è uno che si dedica anima e corpo a eliminare questa setta dei seguaci di Gesù di Nazaret perché, da rabbino convinto, è sicuro che tale setta rappresenta un pericolo grave per Israele. Una iattura per la religione ebraica e questo fa tutto quello che può per sradicarla.
Finchè Saulo è minorenne per il Sinedrio, fa quello che questa minorità gli permette di fare e cioè, dà una mano a chi agisce. Appena arriverà ad essere adatto per incarichi di responsabilità, diventerà uno dei capi della repressione contro i cristiani.
Domanda: La figura di Saulo persecutore dovrebbe indurci a stare attenti a condannare le persone?
Risposta: Sì, perchè Dio sa vedere dentro l’uomo quello che noi non sappiamo vedere… Mai giudicare e mai condannare… dovremmo esser capaci di fare, con gli altri, quello che Dio fa tutti i giorni con noi.
Dio rifiuta e condanna fino all’unghia i nostri peccati, anche i più piccoli ma accetta fino in fondo noi che sbagliamo. Riesce a distinguere noi che sbagliamo e il peccato che commettiamo.
Invece noi mettiamo insieme tutto anzi… certe volte scusiamo addirittura lo sbaglio, mentre condanniamo il peccatore.
(a presto per il prossimo capitolo)