Commento al Vangelo del giorno – 23 Marzo – Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?
Il Vangelo di oggi: Mt 26, 14-25
In quel tempo, uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù. Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli” ». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua. Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».
Commento al Vangelo di oggi:
Un’atmosfera di tristezza avvolge i Dodici all’annuncio del tradimento. San Giovanni dice che nel manifestarlo Gesù si commosse profondamente. Gesù ha voluto condividere in prima persona la sofferenza di quanti sono stati traditi negli affetti e nella vita. Giuda resta comunque l’amico di Gesù anche in quest’ora… La nostra povertà non impedisce mai a Cristo di volerci bene.
Mi fa sempre riflettere il fatto che di fronte ad episodi di cronaca nera, a degli incidenti o a dei delitti su cui la tv specula, il responsabile non confessa la sua colpa se non in presenza di prove schiaccianti. Ed è sempre stato così, da Caino in poi. A quanto pare il cuore umano è incapace di umiliarsi. È così orgoglioso che non fa che prendere le distanze da tutto e da tutti. Per confessare il proprio peccato, ci vuole proprio qualcuno che dica esplicitamente che “sei proprio tu il colpevole”. Ci vuole proprio la grazia di Dio e la sua misericordia paziente, che ci dà modo di sentirci amati comunque, di guardarci dentro, di aiutarci ad avere misericordia con noi stessi, di sbocciare anche in tempi imprevedibili. Ma c’è bisogno di un cuore accogliente che si senta responsabile della vita altrui. Etty Hillesum nel suo bellissimo diario in merito scrive: “Portare con sé l’altro, sempre e ovunque, chiuso in se stessi, e lì vivere con lui. E non solo con uno, ma con molti. Accogliere l’altro nel proprio spazio interiore e lì lasciare che fiorisca, dargli un posto dove possa crescere e svilupparsi. Vivere davvero insieme all’altro, anche se non lo si vede per anni, lasciare che l’altro ci continui a vivere dentro e vivere con lui, questa è la cosa essenziale. E così si può continuare a vivere insieme a qualcuno, al riparo dagli eventi esteriori di questa vita. Ciò è una grande responsabilità”. Gesù va a far Pasqua, un’altra festa, ma questa volta non ha tanto il sapore dell’amicizia spensierata. Questa volta ha l’amarezza del tradimento. Egli sa chi lo tradisce, ma non fugge. Parla con afflizione e durezza, ma resta ad affrontare gli eventi della Passione: la sua missione per portarci alla nostra salvezza.