Approfondimenti

Il deserto affascina e spaventa

Il deserto affascina e nel medesimo tempo spaventa. È la terra della grande solitudine e l’uomo, istintivamente, ha paura di tro­varsi faccia a faccia con se stesso. L’essenza del deserto è l’assenza dell’uomo; il deserto puro non sopporta neppure la vita. Il mare di sabbia come la cima ghiacciata delle montagne, è la natura allo stato vergine, come è uscita dalle mani del Creatore, sulla quale sembra riposi ancora lo spirito di Dio che si muoveva sulle acque all’origine del mondo. Le anime profonde sono tentate da questa verginità del luogo. Il deserto è puro e purificato: dove non c’è l’uomo, non c’è più né il peccato né il rumore delle preoccupazioni terrestri. Tu troverai cara la solitudine, ma ne affronterai l’austerità. Dio stesso definisce il deserto una «terra desolata e piena di fosse, una terra arida e tenebrosa, una terra che nessuno attraversa e nessu­no abita» (Ger 2,6). Chiuso in te stesso, in alcuni momenti, risen­tirai la nostalgia degli scambi umani e il deserto ti sembrerà terri­bilmente vuoto e assurdo. Non sei un turista, ma ti accampi come nomade senza sperare il ritorno. In questa «lotta del deserto» di cui parla san Benedetto non avrai nessun valido appoggio, se non in Dio, anche se egli stesso apparentemente si nasconde. È stato scritto: «Il deserto non sostiene l’uomo debole, lo schiaccia. Chi vuole lo sforzo e la lotta sa sopravvivere». Amerai la solitudine come distensione per riprendere fiato in mezzo alle occupazioni che mantengono il desiderio di vivere e stimolano il bisogno di produrre. La solitudine è ormai il tuo luo­go vitale e nessuno attende il frutto della tua attività. Tu non hai che una risorsa: spargere, apparentemente senza motivo, sui piedi di Gesù, il profumo prezioso delle tue capacità umane. (…) Il deserto, per te, non è una cornice, è uno stato d’animo. E qui sta la difficoltà. Il centro della solitudine sei tu, in cui questa as­senza dell’uomo e delle sue vanità crea una prima zona di silen­zio. Sulla steppa non vi è che un rumore: il gemito del vento: que­sto è, dice un proverbio arabo, il deserto che piange perché vor­rebbe essere prateria! Così è di te, terra arida e senz’acqua, che supplica il Signore di farvi fluire la sua rugiada. (…) Sei un pellegrino senza «una tua casa», senza bagagli, senza si­curezza del domani. Il deserto, per l’uomo che vi si avventura, non è una «dimora» ma una «traccia» sulla quale cammina in fretta per attendere, secondo un bel simbolo, «un paesaggio da cui non si ritorna indietro». Questo paesaggio è Dio stesso visto allo scoperto, e solo la morte ce lo mostra così; (…) Lui solo sa il mo­mento e la strada. Non avere piani di vita, mantieniti soltanto li­bero da tutto ciò che potrebbe impedire a Dio di muoverti secon­do la sua volontà. (…) Ti è chiesto questo abbandono basato solo sulla fede nella saggezza, potenza e amore del Padre che è nei cieli. «Egli sa tutto, può tutto, e mi ama», imprimiti questo nel cuo­re e sul palmo delle tue mani.

UN MONACO, L’eremo, Brescia 1974, pp. 16-20

   

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