Il diavolo

«Non credo nel diavolo; ma è proprio quello che il diavolo spera: che non si creda  in lui». Sono le parole dello scrittore francese agnostico André Gide che pur non credendo nel diavolo ne avverte inconsciamente la presenza, l’ineludibile sensazione che la sua vicinanza ci accompagni e assecondi le nostre debolezze. Un altro autore francese, Charles Baudelaire confessava «la più grande astuzia del diavolo è farci credere che non esiste». L’uomo moderno considera il diavolo un relitto archeologico ma la sua presenza e il suo influsso nefasto sono tangibili, palpabili, ineludibili; il Vangelo ci parla apertamente di questa presenza, Gesù è stato tentato e ha combattuto contro questo angelo decaduto, lo ha scacciato e vinto.  Paolo VI , in un celebre discorso, ci mette in guardia dalla più terribile tentazione: negare la presenza del tentatore: «Quali sono oggi i bisogni maggiori della Chiesa? Non vi stupisca come semplicistica, o addirittura come superstiziosa e irreale la nostra risposta: uno dei bisogni maggiori è la difesa da quel male, che chiamiamo il demonio». E ancora: «Troviamo il peccato, perversione della libertà umana, e causa profonda della morte, perché è distacco da Dio fonte della vita (Rom 5, 12) e poi, a sua volta occasione ed effetto di un intervento in noi e nel nostro mondo di un agente oscuro e nemico, il demonio. Il male non è più soltanto una deficienza, ma un’efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore. Terribile realtà. Misteriosa e paurosa». Ammonisce ancora Paolo VI: «Esce dal quadro dell’insegnamento biblico ed ecclesiastico chi si rifiuta di riconoscerla esistente; ovvero chi ne fa un principio a se stante, non avente essa pure, come ogni creatura, origine da Dio; oppure la spiega come una pseudo-realtà, una personificazione concettuale e fantastica delle cause ignote dei nostri malanni». Per i padri del deserto la presenza del demonio era così evidente che non si preoccupano di dimostrarla; i monaci del deserto non cercano di descrivere l’essenza del demonio, ma piuttosto le sue strategie; i loro scritti di demonologia rimangono su un piano fenomenologico più che descrivere la natura del male. Come agisce nei nostri confronti il demonio, come esercita il suo raffinato ascendente? Evagrio Pontico afferma che il demonio agisce sulla parte emotiva della nostra anima, quella più esposta ai turbamenti e alle sollecitazioni. Nei brani evangelici delle tentazioni il demonio tenta l’umanità di nostro Signore Gesù Cristo ricordandogli la sua divinità: «Allora il diavolo gli disse: “Se sei tu sei il Figlio di Dio, dì a questa pietrache diventi pane.”». Con noi il diavolo ricorda le nostre debolezze, il fango da cui siamo stati tratti, il peccato che abbiamo commesso. Sembra bisbigliarci: « Non ti illudere, non cambierai mai; la tua vita è definitivamente compromessa, il tuo passato e costellato di peccati, di mancanze, di insuccessi. Non potrai mai diventare un bravo cristiano, la tua conversione è mera utopia, nel peccato sei stato concepito e nel peccato sei destinato a morire. La misericordia di Dio ha un limite; non andare a confessarti, che senso ha, se domani peccherai ancora. Non devi abusare della misericordi divina.» Sottili ragionamenti degni di un dotto e raffinato teologo. Guai volgersi indietro e guardare al peccato, al male commesso: il passato è deserto, luogo tradizionalmente abitato dai demoni. Viviamo il presente, guardiamo all’avvenire, all’orizzonte dove abita Dio, dove i demoni fuggono, dove la misericordia ha stabile dimora.

don Luciano Vitton Mea