Il Vangelo del giorno – Mercoledì 1 Maggio
Vangelo di Giovanni 15, 1-8
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci.
Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
Commento al Vangelo di oggi:
“Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto”.
Io mi sento quel tralcio. La mia vita è una continua potatura. Senza prove, senza sofferenze, senza tagli la vita non cresce, si rimane egoisti, miseramente chiusi in se stessi.
Il cristiano, l’uomo maturo è l’uomo che porta sulla propria pelle le cicatrici della potatura. I tagli non sono una calamità, una disavventura, una tragedia; il taglio è crescita, linfa che matura, misura d’umanità.
Una persona senza tagli è priva di sensibilità, incapace di attenzioni; è muta e sorda, rigida, inflessibile. Afferma Henri J.M. Nouwen: «Nessuno sfugge alla possibilità d’essere ferito.
Siamo tutte persone ferite, fisicamente, psicologicamente, mentalmente, spiritualmente. La domanda principale non è: «Come possiamo nascondere le nostre ferite?», affinché non ne siamo imbarazzati, ma: «Come possiamo mettere le nostre ferite al servizio degli altri? ».
Quando le ferite cessano di essere una fonte di vergogna, e diventano fonte di guarigione, diventiamo dei guaritori feriti.
La ferita mi rende un redento cioè un uomo capace di guarire le infermità, di capire l’altro quando giace esamine sulla strada che da Gerusalemme scende verso Gerico; il taglio mi rende partecipe, mi fa entrare nel mistero profondo della mia e dell’altrui
anima.
La potatura diventa indispensabile per crescere nell’ottica della comprensione, crea uno squarcio attraverso il quale il mio orizzonte si dilata e diventa punto di incontro con il fratello, luogo sublime dove il cielo bacia la terra.
Contemplo:
Il nostro occhio, la nostra devozione si fermano quest’oggi su san Giuseppe, il fabbro silenzioso e laborioso, che diede a Gesù non i natali, ma lo stato civile, la categoria sociale, la condizione economica, l’esperienza professionale, l’ambiente familiare, l’educazione umana.
Bisognerà osservare bene questo rapporto fra san Giuseppe e Gesù, perché ci può far comprendere molte cose del disegno di Dio, che viene a questo mondo per vivere uomo fra gli uomini, ma nello stesso tempo loro maestro e loro salvatore.
È certo innanzi tutto, è evidente che san Giuseppe viene ad assumere una grande importanza, se davvero il Figlio di Dio fatto uomo sceglie proprio lui per rivestire se stesso della sua apparente figliolanza: Gesù era detto «Filius fabri» (Mt 13,55), il Figlio del fabbro; e il fabbro era Giuseppe.
Gesù, il Cristo, ha voluto assumere la sua qualificazione umana e sociale da questo operaio, da questo lavoratore, ch’era certamente un brav’uomo, tanto che il vangelo lo chiama «giusto» (Mt 1,19), cioè buono, ottimo, ineccepibile, e che quindi assurge davanti a noi all’altezza del tipo perfetto, del modello d’ogni virtù, del santo.
Ma c’è di più: la missione, che san Giuseppe esercita nella scena evangelica, non è solo quella della figura personalmente esemplare e ideale; è una missione che si esercita accanto, anzi sopra Gesù: egli sarà creduto padre di Gesù (Lc 3,23), sarà il suo protettore, il suo difensore.
Per questo la chiesa, che altro non è se non il corpo mistico di Cristo, ha dichiarato san Giuseppe protettore suo proprio, e come tale oggi lo venera, e come tale lo presenta al nostro culto e alla nostra meditazione.