Io sono la via, la verità, la vita

Fratelli miei, dato che il Signore dice in breve: «Io sono la luce del mondo; chi segue me non cammina nella tenebra, ma avrà la luce della vita» (Gv 8,12), e con queste brevi parole comanda una cosa e ne promette un’altra, facciamo ciò che comanda in modo da non far cattiva figura quando desideriamo ciò che promette, e non dover temere che nel giudizio debba dirci: «Hai fatto ciò che ti ho comandato, per esigere ciò che ti ho promesso?». Cosa mi hai dun­que comandato, Signore Dio nostro? «Di seguirmi», ti risponde. Tu hai chiesto un consiglio per avere la vita; ma quale vita, se non quella di cui è stato detto: «Presso di te è la fonte della vita?». Un ta­le si sentì dire: «Va’ vendi ciò che hai e dallo ai poveri, poi vieni e seguimi» (Mt 19,21). Quel tale se ne andò triste e non lo seguì. Era andato a cercare il maestro buono, lo aveva interrogato come dot­tore e non lo ascoltò come maestro. Si allontanò triste, legato anco­ra alle sue cupidigie, carico del pesante fardello della sua avarizia. Era affaticato, non ce la faceva più; ma anziché seguire colui che vo­leva liberarlo del suo pensate fardello, preferì allontanarsi e abban­donarlo. Ma dopo che il Signore fece sentire la sua voce per mezzo del vangelo: «Venite a me voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi ristorerò; prendete sopra di voi il mio giogo, e imparate da me che sono mite ed umile di cuore» (Mt 11,28-29), quanti, ascoltando il vangelo, si misero a fare ciò che non fece quel ricco che aveva rac­colto l’invito direttamente dalle labbra del Signore? Mettiamoci a farlo anche noi adesso, seguiamo il Signore, liberandoci dalle cate­ne che ci impediscono di seguirlo. Ma chi potrà liberarsi da tali ca­tene senza l’aiuto di colui al quale è detto: «Hai spezzato le mie ca­tene» [Sal 115(116),16], del quale un altro salmo dice: «Il Signore libera i prigionieri, il Signore raddrizza i curvati» [Sal 145(146),8]? Cosa seguono coloro che sono stati liberati e raddrizzati, se non la luce dalla quale si sentono dire: «Io sono la luce del mondo; chi segue me non cammina nella tenebra» (Gv 8,12)? Sì, perché il Signore illumina i ciechi. Noi veniamo ora illuminati, o fratelli, con il collirio della fede. Egli dapprima mescolò la sua saliva con la terra per ungere colui che era nato cieco (cf. Gv 9,6). Anche noi siamo nati ciechi da Adamo, e abbiamo bisogno di essere da lui il­luminati. Egli mescolò la saliva con la terra: «Il Verbo si è fatto carne, e abitò fra noi» (Gv 1,14). Mescolò la saliva con la terra, perché era stato predetto: «La verità è uscita dalla terra» [Sal 84 (85),12], ed egli dice: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). Noi godremo pienamente della verità quando lo vedremo faccia a faccia. Anche questo, infatti, ci è stato promesso. E chi oserebbe sperare ciò che Dio non si fosse degnato promettere o dare? Lo vedremo faccia a faccia. Dice l’Apostolo: «Adesso conosco in par­te, adesso vedo in modo enigmatico come in uno specchio, allora invece faccia a faccia» (1Cor 13,12). E l’apostolo Giovanni nella sua epistola aggiunge: «Carissimi, già adesso noi siamo figli di Dio, ma ancora non si è manifestato ciò che saremo; sappiamo in­fatti che quando egli si manifesterà, saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è» (1Gv 3,2). (…)  Prima ti dice che via devi prendere, poi dove devi arrivare: «Io sono la via, io sono la verità, io sono la vita» (Gv 14,6).  Dimoran­do presso il Padre, egli è la verità e la vita; rivestendosi di carne, è diventato la via. Non ti è detto: sforzati di cercare la via per giun­gere alla verità e alla vita; non ti è stato detto questo. Pigro, alzati! La via stessa è venuta a te e ti ha scosso dal sonno; e se è riuscita a scuoterti, alzati e cammina! Forse tenti di camminare e non riesci perché ti dolgono i piedi; e ti dolgono perché, forse spinto dall’a­varizia, hai percorso duri sentieri. Ma il Verbo di Dio è venuto a guarire anche gli storpi. Ecco, dici, io ho i piedi sani, ma non rie­sco a vedere la via. Ebbene, egli ha anche illuminato i ciechi.

AGOSTINO DI IPPONA, Commento al vangelo di Giovanni. Om. 34,8-9, Roma 1968, pp. 723-725