La spremuta

Di arancio, limone, pompelmo… È fresca. Dissetante. Tonica. Quella di un uomo, di un popolo, di una terra… È umiliante. Meschina. Perversa. Eppure è storia di ieri e di oggi. Universale e locale. Internazionale e cittadina. A volte percorre strade evidenti e tangibili. Altre volte predilige vicoli più intricati e bui. Forme più striscianti e subdole. Ma è sempre storia di uomini spremuti. Umiliati. Schiacciati… E cacciati. Out. Fuori gioco. Non servono più alla logica di prestigio, di potere, di organizzazione. Perso­nale o collettiva. Privata o pubblica. Religiosa o civile. Pa­role come dignità, onestà, correttezza sono cancellate. Non` fanno più parte del vocabolario e dello stile. La legge dell’io soppianta quella del noi. Il cinismo batte il rispetto. Dieci a uno. È storia di cattiverie. Bassezze. Vigliaccherie. Iniquità. È la nostra! E dentro questa storia: l’uomo dei dolori. Gesù Cristo. Umiliato. Schiacciato. Ucciso. Dice il profeta Isaia: “Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le no­stre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti” (Is 53,5). La nostra guarigione chiede un prezzo altissimo. Le sue piaghe. La sua morte… E ancora continueremo a costruire una storia di… Spremute?