Luce del mondo

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In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la mette sotto un letto, ma la pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce.

Nulla mi appare così suggestivo e attraente come la fioca fiamma di una candela posta ai piedi di una croce nel buio di una piccola chiesetta. La sua luce lascia nella penombra le cose che la circondano, colorando di mistero tutto ciò che le tenebre nascondono sotto la coltre dell’incombente oscurità. Il suo calore è appena sufficiente per colare la cera che forma, col passare dei minuti, piccoli rigagnoli simili alle rughe che il lento fluire delle stagioni forma sul volto degli uomini. La sua intensità non è costante, sembra sempre sul punto di venir meno, ma poi, quasi per una forza maggiore, riprende vigore. Non riesce ad illuminare tutto il crocefisso: il baluginare della fiamma, ora viva e brillante, poi fioca fioca tanto da diventare fumigante, disegna sui piedi ombre che vanno e vengono generando in me stati d’animo contrastanti: di pace e serenità quando la fiamma brilla piena di vigore, d’inquietudine e velata tristezza quando si affievolisce. Fissando la fievole luce e i piedi del crocefisso penso alla mia vita, al buio interiore che avvolge il mio cuore, alle infedeltà, alle tenebre del peccato: io che dovrei essere “luce del mondo”, lampada posta su un candelabro sono come un lucignolo fumigante. Ma anche uno stoppino può servire nelle mani di Dio; diceva William Shakespeare: «Come arrivano lontano i raggi di una piccola candela, così splende una buona azione in un mondo malvagio…» Questa lampada ammaccata e arrugginita dal tempo e dalle intemperie può ancora illuminare qualche crocicchio, l’inizio di un lontano e sperduto borgo o l’angolo oscuro di qualche vicolo. L’importante è sostare muti d’innanzi al mistero di una Cappella dove una candela quasi consumata illumina a stento i piedi di un Crocefisso; perché la croce, non dimentichiamolo mai, è il candelabro di Gesù. Questa verità l’ha capita in profondità il centurione quando ha esclamato: “Davvero quest’uomo era il Figlio di Dio”. Noi saremo luce del mondo solo se annunzieremo ad ogni uomo la meravigliosa storia di un Dio che non salva con la forza o la potenza ma con la debolezza di un Crocefisso, con la povertà di Colui che viene posto in una mangiatoia. L’oscurità e il silenzio avvolgono la piccola chiesa ma io rimango, rimango e contemplo un lucignolo fumigante e i piedi forati di un Dio povero e solo.

meditazione di don Luciano Vitton Mea