L’umana sfida

“O fratelli”, dissi, / “che attraverso centomila pericoli / siete giunti al confine occidentale, / a questo così breve periodo di vita che ci resta, / non vogliate negare l’esperienza, / seguendo il corso del sole, / del mondo disabitato. / Considerate la vostra origine: / non foste fatti per vivere come bruti, / ma per seguire virtù e conoscenza”. (Inferno XXVI, 112-120)

 Con queste parole Ulisse incita i suoi compagni a superare le Colonne d’Ercole seguendolo nel folle viaggio verso un ignoto che nessuno aveva mai osato sfidare. Secondo la mitologia greca le Colonne d’Ercole (così erano chiamati, nell’antichità, i due monti di Abila e di Calpe che Ercole avrebbe separato da un’unica montagna per far comunicare il Mar Mediterraneo con l’Oceano Atlantico) rappresentavano il confine del mondo, un limite oltre il quale gli uomini non potevano andare. Ulisse, facendo leva sulla nobiltà della ragione umana, convinse i suoi compagni a spingersi oltre le barriere “del conosciuto” sfidando così i limiti posti dagli dei al sapere umano. Il viaggio di Ulisse nell’emisfero allora sconosciuto diventa l’emblema di tutti i tentativi umani di sfidare l’ignoto, il mistero, i confini decretati dalla natura e dal destino. Il tema che Dante pone, attraverso il tragico racconto del suo Ulisse, è di estrema attualità e rappresenta il dramma dello scibile umano che corre sulla sottile lama che separa le vette del sapere dal baratro oscuro della tracotanza e della superbia. Giovanni Paolo II nella sua Lettera enciclica Fides et Ratio (n. 49), afferma che: «La ragione è per sua natura orientata alla verità ed è inoltre in se stessa fornita dei mezzi necessari per raggiungerla». Ma quando questi mezzi vanno oltre i confini inscritti nella natura stessa, la verità viene distorta e l’uomo diventa arbitro di una gara che lo conduce agli estremi della propria autodistruzione. Ulisse, spinto dal desiderio di raggiungere una meta immortale, dimentica il monito scritto sull’architrave del tempio di Delfi «Uomo conosci te stesso»; si può andare oltre le colonne d’Ercole solo se si è consapevoli della propria finitezza che non sfida mai gli abissi delle leggi eterne fatte per essere scrutate, ma mai possedute.