Padre dei poveri
M’è parso tanto dolce invocarti sotto questo nome. Mi sento tutti i titoli per invocare Dio sotto questo nome. Più sono povero e più mi sento in diritto di invocarlo così. Non penso alle ricchezze econo- miche e neppure alle doti umane, perché non hanno niente di assoluto, penso alle virtù che desidero e che non possiedo. Invoco Dio con questo titolo per- ché mi sento povero di virtù. Mi sento un relegato in una misera soffitta, senza comodità, senza niente di lusso, con un cumulo di ragnatele. Mi sento veramente un povero di città, senza alcuna considerazione dei vicini; un vero povero in balìa della miseria. La mancanza di virtù è veramente quella che mi ta- glia le ali. A volte sento di essere degno di ricevere solo le visite dei topi, gli altri mi fuggono. E soprat- tutto allora che divento umile e sento tutta l’apertura verso il Padre dei poveri. Quando considero Dio sotto questo aspetto non ho più orgoglio dentro di me e neppure mi trattiene la vergogna della mia povertà. In questa miseria io dovrei vomitare, tanto sono nauseato di questa assenza di virtù, ma la luce di Dio m’illumina e busso col gemito di chi chiede.