San Francesco: come un bambino
In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Tutti abbiamo impressa nella nostra mente la scena di San Francesco che, tra lo sbigottimento generale, si spoglia e consegna i propri vestiti al padre. La nudità di Francesco, questo spogliarsi, non è solo la sintesi di tutta la sua vita ma dovrebbe essere anche la sintesi della vita di ogni cristiano. Per questo, san Francesco, è colui che nella propria vita ci ricorda la semplicità e la povertà di Dio, che per farsi vicino alla sua creatura si è spogliato dalla sua divinità ed è diventato uno di noi. In tutta la sua esperienza religiosa il poverello d’Assisi cerca di tradurre nella quotidianità della vita il mistero stesso dell’incarnazione di Gesù. Amava tanto la semplicità e la piccolezza di Dio da voler rivivere in prima persona lo stupore e la gioia che i pastori provarono nell’accorrere alla grotta di Betlemme. Da questo suo desiderio è nato il Presepe che anche noi ogni anno, con tanta premura e fervore, prepariamo nelle nostre case in occasione delle festività Natalizie. Sono convinto che san Francesco amava così tanto il Dio debole della notte di Natale che il suo cuore divenne come una piccola greppia dove per sempre venne deposto il Dio bambino che ricreò nel santo d’Assisi quella perenne fanciullezza di cui ci parla il vangelo: “se non diventerete come bambini non entrerete mai nel regno dei cieli”. Francesco ha vissuto fino in fondo quella fanciullezza interiore che genera stupore e meraviglia, che permette di vedere in un lebbroso il volto sofferente di Dio, che dona un linguaggio così semplice da poter essere compreso dagli uccelli del bosco o dalle rane di uno stagno. Per questo e per tanti altri motivi Francesco diventa oggi, come tanti secoli fa, il piccolo grande compagno di coloro che vogliono vivere con autenticità la povertà e la semplicità evangelica.
don Luciano Vitton Mea