In quel tempo, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: “Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”. Ma Gesù le rispose: “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”.
Scusa Gesù se oggi scelgo Marta, se mi soffermo su questa donna che “non sa scegliere la parte migliore”. Mi è simpatica Marta, la sento tanto vicina, mi piace la sua vitalità. E’ lei che ti ospita nella sua casa, che si rimbocca le maniche, che si cinge il grembiule. Si pone davanti a Te, così com’è, ti spalanca l’uscio della sua vita senza nulla nascondere. Nella sua frenesia permette a Maria di sedersi a tuoi piedi per ascoltare la Parola che tutto svela, lascia “il meglio” a sua sorella. Ci ricorda che senza l’accoglienza, quella porta spalancata, il primato della Parola viene meno, il buon seme non può attecchire. E’ servizievole Marta, lo devi ammettere. E il servizio è la strada maestra che ci apre all’amore e Tu sei l’amore. Quelle mani che impastano, apparecchiano, lavano, mettono nel forno il pane della fraternità, sono preludio di un nuovo giorno, delle nozze eterne, di un alba senza tramonto. Preludio di altre mani. Mani di zoppi e cechi, di gente “raccogliticcia”, che nella grande sale dell’amore eterno prendono il posto degli invitati che, con tanta ipocrisia, hanno declinato, sono venuti meno, sono rimasti nei campi di questo mondo. Lo so Signore, l’abito di Marta non è ancora acconcio alle nozze, è sporco, porta l’odore acre del fumo del focolare. Per questo la rimproveri, la metti in guardia. «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno». Tu ami Marta Signore, per questo pronunzi il suo nome con tanta dolcezza, con discreta sollecitudine. Come vorrei che Tu pronunciassi il mio nome con la stessa dolcezza; ma sono troppo affaccendato e i rumori ti questo mondo soffocano la Tua voce. E’ per questo che oggi mi accontento di un eco lontano, della dolcezza di un altro nome: “Marta, Marta….”