Durante la nostra breve esistenza, la domanda che orienta gran parte del nostro comportamento è: «Chi siamo?». Forse ci poniamo raramente questa domanda in modo formale, ma la viviamo molto concretamente nelle nostre decisioni di ogni giorno. Le tre risposte che generalmente diamo sono: «Siamo ciò che facciamo, siamo quel che gli altri dicono di noi, siamo ciò che abbiamo», o, in altre parole: «Siamo il nostro successo, la nostra popolarità, il nostro potere». È importante rendersi conto della fragilità di un’esistenza che dipenda dal successo, dalla popolarità e dal potere. La sua fragilità deriva dal fatto che tutti e tre sono fattori esterni, che possiamo controllare in modo assai limitato. Perdere il lavoro, la fama o la ricchezza spesso dipende da eventi completamente al di là del nostro controllo; ma, quando ne dipendiamo, ci siamo svenduti al mondo, perché siamo quel che il mondo ci dà. E la morte ci toglie tutto questo. L’affermazione finale diventa: «Quando siamo morti, siamo morti», perché quando moriamo non possiamo fare nient’altro, la gente non parla più di noi e non abbiamo più nulla. Quando siamo quel che il mondo fa di noi, non possiamo essere dopo aver lasciato questo mondo. Gesù è venuto ad annunciarci che un’identità basata sul successo, sulla popolarità e sul potere è una falsa identità: è un’illusione! Egli dice alto e forte: «Non siete quel che il mondo fa di voi, ma siete figli di Dio».