Come Erode
In quel tempo, il tetràrca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», altri: «È apparso Elìa», e altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti». Ma Erode diceva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di vederlo.
Come Erode, un altro uomo, nel vangelo di Luca, cerca di vedere Gesù: era un capo anche lui, ricco, e, come Erode, piccolo di statura: Zaccheo. Il desiderio di vedere Gesù nasce, però, da spinte diverse, non è lo stesso cercare. Di Zaccheo si dice che corse avanti, salì sul sicomoro perché la folla gli impediva di vedere e attese là finché Gesù arrivò. E fu Gesù a vederlo, lo invitò a scendere per andare a casa sua. Di Erode non si dice che corse. Il suo cercare si fermò alla domanda: «chi è costui?». Più tardi, Luca dirà, per bocca dei farisei, che voleva ucciderlo. E quando ebbe occasione di vederlo, quando Pilato lo mandò da lui, specifica ciò che anima la curiosità di Erode: sperava di assistere a qualche miracolo. Non ricevendo la risposta che cercava, insultò e schernì Gesù, lo rivestì di una splendida veste e lo rimandò a Pilato. Un miracolo in realtà avvenne: Erode e Pilato, quel giorni divennero amici. Chi cerca di vedere l’identità di Cristo come Erode, non la trova di certo. Per comprendere, dovremmo imparare da Zaccheo: dimenticarci del nostro orgoglio umano, diventare umili per renderci conto della nostra “bassa statura” e per trovare un modo di salire in alto nell’attesa che Gesù passi. Solo quando il nostro voler vedere è attesa e non pretesa, è Gesù che si fa conoscere e oltre alla sua identità, ci svela la nostra identità.