La nostra capacità d’amare

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«Ciò che viene chiamato felicità è la nostra capacità di amare la vita ». Jean Royer

« Fatti capacità, io mi farò torrente ». Questa frase di Caterina da Siena è straordinaria perché risolve in poche parole il paradosso della forza dell’abban­dono, che non è né la volontà né il suo contrario. Non è né fatalismo né libertà totale. Integra il dop­pio movimento del flusso e del riflusso che anima la nostra energia e ci permette di volta in volta di donare e di ricevere, di agire e di lasciar agire. Ab­biamo bisogno di questa capacità di apertura, di disponibilità, di abbandono, che ci permette di ac­cogliere tutto il flusso della vita e i sovrabbondanti benefici della Provvidenza. A torto pensiamo che dobbiamo andare di fretta, lottare per farci posto, e tutti questi atteggiamenti hanno qualcosa di ve­ro. Ciò nonostante, non si gestisce il proprio desti­no come un’agenda. Non tutto è programmabile, non tutto dipende da noi. Ci sono persino momenti in cui più ci ostiniamo, e meno le cose vanno co­me dovrebbero. Dobbiamo accettare l’idea che la felicità è innanzitutto una questione di predisposi­zione interiore: quando saremo capaci di rimanere semplicemente vigili, in silenziosa obbedienza, al­lora tutto intorno a noi, attraverso gli avvenimenti e gli imprevisti, sarà a nostro vantaggio, come una benevola cospirazione.