Lasciatemi inventare la mia strada
I Magi non hanno imparato la strada dal teologi del Palazzo. Hanno ubbidito all’impulso del loro cuore, su sollecitazione di una stella misteriosa. Amico che dici di aver trovato, e che guardi con una certa degnazione coloro che si scorticano ancora i piedi su viottoli incerti, ti prego, non spiegarmi Dio, non fornirmi informazioni esaurienti sul suo conto, non rintronarmi la testa con le dimostrazioni, risparmiami le definizioni. Non trascinarmi sul terreno della chiarezza. Non ammannirmi delle soluzioni facili, semplici, con- vincenti, di tutti i problemi della vita (come ce l’hai in mente tu, e che non rassomiglia neppur lontanamente alla vita reale). Lasciami con qualche dubbio — assai più rassicurante delle tue certezze —, con molte esitazioni, con parecchie incertezze. Non spianarmi il cammino, eliminando gli ostacoli, le difficoltà e gli imprevisti, e neppure gli incidenti. Non propormi una strada già tracciata, indicata nei tuoi libri, stampata nel tuo cervello (ma i tuoi piedi non conoscono i sassi appuntiti della ricerca e dell’esperienza personale). Non mi interessa una strada sicura, che porta infallibilmente a destinazione. Lasciami il gusto di scoprire la mia strada, meglio, di inoltrarmi per il mio sentiero. Non togliermi il gusto e il rischio dell’avventura. Non privarmi della gioia della scoperta. …Se mai arriverò, come i Magi avventurati, stai certo, non passerò a ragguagliarti. Tu continua pure a nutrirti di carta macchiata d’inchiostro.